Sinergie tra clan. I boss della Sibaritide avrebbero fatto affari anche assieme ai capi di altre consorterie criminali. Infatti, tra gli arrestati dell’operazione di ieri c’è anche Michele Di Puppo, il boss di Rende. A Di Puppo, personalità dallo spiccato curriculum criminale, i magistrati della Dda contestano il reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso in concorso con altri indagati. Lo ’ndranghetista cosentino deve rispondere, in particolare, del capo di imputazione 12 ovvero della tentata estorsione ai danni di un’azienda di Montalto Uffugo. Reato che avrebbe commesso in concorso con Nicola Abbruzzese, il reggente del clan della Sibaritide e con altri due cosentini, Gianluca Maestri e Ivan Barone. Secondo gli inquirenti, Michele Di Puppo e Nicola Abbruzzese sarebbero i mandanti della tentata estorsione; mentre Maestri avrebbe avuto il compito di dirigere le «fasi esecutive» e di fare da intermediario tra i capi delle due consorterie. Sarebbe stato, invece, Barone a costringere con le minacce la titolare dell’azienda a consegnargli 30mila euro che sarebbero finite nelle casse delle due cosche come proventi dell’estorsione. Il 19 febbraio del 2020, alla vigilia del lockdown, si verificarono due atti intimidatori che sembravano all’apparenza diversi ma che poi gli inquirenti scopriranno essere rivolti a colpire la stessa azienda di Montalto Uffugo. Quella notte, una bottiglia con liquido infiammabile e accendino sono stati trovati davanti all’ingresso della società ed è stato danneggiato l’impianto autovelox che la stessa azienda aveva installato sulla Statale 534 nel Comune di Cassano. Segnali evidenti accompagnati anche da minacce. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Calabria