Cosenza

Lunedì 23 Dicembre 2024

Criminalità mafiosa di Cosenza alla sbarra. Due processi in contemporanea

Roberto Porcaro e Francesco Patitucci

Il rito abbreviato. Una scelta rischiosa dal punto di vista processuale ma vantaggiosa in termini di misura della pena. Nella maxinchiesta “Reset” la scelta di ricorrere al rito alternativo ed essere giudicati sulla base degli atti custoditi nel fascicolo del pubblico ministero, è stata assunta dai presunti boss di Rende, Michele e Umberto Di Puppo, e Adolfo D’Ambrosio, dai cosentini Mario Piromallo, Salvatore Ariello e Gennaro Presta, dagli ergastolani Gianfranco Ruà e Gianfranco Bruni (figure storiche della ‘ndrangheta bruzia), da Francesco Patitucci, indicato come l’elemento di vertice delle “cosche confederate” attive tra Rende e Cosenza e dal padrino ergastolano Ettore Lanzino. Con loro stessa scelta hanno fatto Antonio, Fioravante, Franco, Luigi, Marco, Rocco e Saverio Abbruzzese indicanti dai magistrati inquirenti come appartenenti al gruppo della criminalità nomade cosentina dei “banana”. I delitti contestati dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e dai pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti vanno dall’estorsione all’usura passando per la partecipazione - a vario livello - all’associazione mafiosa imperante nell’area urbana del capoluogo e per il traffico di droga. Ha chiesto di essere giudicata con l’abbreviato pure Silvia Guido, la ex moglie del boss pentito Roberto Porcaro. E proprio a proposito di collaboratori di giustizia proprio Porcaro ha scelto il rito alternativo insieme con Ivan Barone, Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Celestino Abbruzzese, detto “micetto”, Anna Palmieri (moglie di Abbruzzese), Roberto Presta e Giuseppe Zaffonte. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza

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