C’era un patto segreto tra il capo degli spacciatori africani e un poliziotto del Commissariato di Gioia Tauro. La circostanza emerge dalle carte dell’inchiesta che la Dda di Catanzaro ha chiuso, nei giorni scorsi, con la notifica di diciannove misure cautelari. I carabinieri della Compagnia bruzia – coordinati dal maggiore Antonio Quarta – hanno captato una lunga conversazione tra l’agente e Obinna Kinsley Nwigwe.
Dal discorso affiora con una certa evidenza che l’africano era una sorta d’infiltrato nel gruppo dei narcos di Rosarno. In altre parole, Obinna avrebbe dovuto fornire al poliziotto informazioni utili a fargli non solo sequestrare un bel po’ di sostanza stupefacente, ma anche d’arrestate i trafficanti. In cambio l’agente – la contingenza emerge dalla conversazione – avrebbe dovuto tutelare l’africano nel trasporto della droga dalla “Piana” a Cosenza. Un patto, a lume di logica, abbastanza scellerato, che nonostante tutto non troverà attuazione.
In ogni caso la conversazione telefonica viene captata pochi giorni dopo l’arresto dell’africano – trovato con un discreto quantitativo di marijuana nello zainetto – eseguito dai carabinieri nella stazione ferroviaria di Quattromiglia. Dopo una notte passata nella cella di sicurezza e la convalida del fermo, l’africano viene rilasciato e così a distanza di qualche giorno ritenta la fortuna e fa ritorno a Rosarno. Nella cittadina della Piana incontra di nuovo il fornitore, un altro africano, di nome Mike – fra l’altro ai domiciliari – che lo affida a un suo collaboratore. Obinna verrà condotto in un luogo di campagna, dove in una sorta di campo improvvisato riceverà una nuova fornitura di marijuana.
Di lì a poco il capo dei pusher cosentini contatterà il poliziotto e gli farà un dettagliato rapporto. Dopo averlo informato d’essere stato arrestato pochi giorni prima dai carabinieri, gli fornirà una serie d’informazioni.
«La marijuana la tengono nei furgoni... ci sono tanti furgoni e lì c’è pure il fumo... tante panette di fumo... più di sette chili». L’informazione appare abbastanza appetitosa così il poliziotto lo incalza: «Dove sono? sei capace di individuare il posto? Mi ci devi accompagnare... me li devi far arrestare... sei sicuro che c’è molta roba da sequestrare?». Obinna non ha dubbi: «C’è tanto fumo nel furgone... lo porta un italiano che abita a Monasterace... Ti porto io sul posto, di notte però, perché ho paura d’essere riconosciuto... Tu però devi mantenere la promessa... mi devi aiutare a portare l’erba a Cosenza. Ci andiamo di notte in quel posto...». Dall’altra parte il poliziotto vuole certezze: «Sei sicuro che la roba c’è. Quanti furgoni ci sono e dove la tengono. Hai fatto le fotografie?». Obinna lo rassicura: «Ci sono molti furgoni parcheggiati e il fumo si trova nei cassoni... Non ho fatto le fotografie... ho avuto paura, mi guardavano tutti... so come arrivare sul posto. Ci dobbiamo andare di notte – torna a insistere – per non farmi riconoscere. Tu però – sottolinea l’africano – poi mi devi aiutare... ho bisogno... devo inviare i soldi alla famiglia». Il poliziotto lo rassicura: «Come rientro in servizio ti chiamo e vieni con noi... ci fai vedere il posto e così ...».
Il piano sembrava abbozzato solo che poi, evidentemente, non se n’è fatto nulla. Il poliziotto fra l’altro non sarebbe stato neanche identificato.
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