È un assedio. Come se ogni giorno i medici e gli infermieri impegnati nelle strutture di soccorso e emergenza dovessero combattere una guerra contro un nemico imprevedibile. L’altro giorno il personale sanitario dell'automedica dell' Asp (infermiera- soccorritrice e conducente della vettura), sopraggiunto per prestare soccorso a una persona con un malore in strada, ha subito insulti, spintoni e strattonamenti.
Operare in queste condizioni è obiettivamente complesso. E lo sottolineano i segretari generali della Cgil Massimiliano Ianni e Alessandro Iuliano, che affermano: «Non bastano più gli attestati di solidarietà, è arrivato il momento di agire e difendere questi lavoratori, perché, purtroppo, il fenomeno delle aggressioni è in crescita, tanto da diventare un vero e proprio allarme sociale, non solo in relazione alle conseguenze dirette per chi subisce l’aggressione, ma anche perché si tratta di episodi che mettono in discussione la sicurezza e l’organizzazione delle strutture sanitarie».
Già, perchè i fatti si ripetono e il quadro va aggravandosi sempre più, basti pensare a cosa è accaduto nel pronto soccorso di Corigliano Rossano una decina di giorni fa. «I luoghi maggiormente colpiti dalla violenza sono i pronto soccorso e i servizi di emergenza – urgenza (il servizio di 118), le strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali» spiegano Ianni e Iuliano. «Tra le cause scatenanti la “violenza” dei pazienti e dei loro familiari vi sono le lunghe attese che, a volte, favoriscono nei pazienti o nei loro familiari uno stato di frustrazione per l’impossibilità di ottenere subito le prestazioni richieste. Come Cgil, da sempre impegnati a ridare dignità e valore al lavoro degli operatori sanitari riteniamo che vadano rimosse alla radice le principali cause che danno origine al fenomeno.
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