“Non voglio più collaborare”, va in scena il balletto dei pentiti. Porcaro dopo Turboli: ecco cosa sta accadendo a Cosenza
Il balletto dei pentiti. La voce corre veloce di bocca in bocca, mentre s'incrociano gli sguardi interrogativi di molti detenuti: l'apertura del processo con rito abbreviato istruito contro 97 imputati coinvolti nella maxinchiesta “Reset” registra l'ennesimo salto della barricata. Francesco Greco, 50 anni, di Cosenza, revoca il proprio legale di fiducia e nomina un avvocato del foro di Roma. E' la conferma della scelta fatta dal cinquantenne di lanciarsi tra le braccia dello Stato. Greco compie lo stesso iniziale percorso del suo vecchio “capo” - Roberto Porcaro – già pentito da alcuni mesi e, invece, da ieri non più collaboratore. I due erano da sempre “pappa e ciccia” nel senso che il capobastone usava il fidato guardaspalle per initimidire imprenditori restii a paghare il pizzo, prestare denaro a usura oppure far guadagnare i clan confederati attraverso i servizi di security da imporre ai locali notturni o in occasione di grandi eventi. Greco, ora affidato alle “cure” del procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla e dei pm antimafia Vito Valerio e Corrado Cubellotti, non è un pezzo da novanta della 'ndrangheta bruzia ma appare determinante per riscontrare le confessioni rese da Porcaro. I verbali contenenti le dichiarazioni rese nelle ultime settimane non stati depositati e negli ambienti criminali cresce l'attesa per capire cosa abbia rivelato ai magistrati inquirenti. Tutto lineare? Nient'affatto, perché nel frattempo Roberto Porcaro, prende la parola in dibattimento e dichiara di non voler più continuare il proprio rapporto collaborativo ed, a sua volta, revoca il legale di fiducia pronto a nominarne un altro. Una scelta singolare e imprevista che non appare tuttavia isolata. Già, perché a maggio, dopo aver reso dichiarazioni ed essere stato ammesso nel programma di protezione, pure un altro personaggio coinvolto in “Reset” e legato a Porcaro ha improvvisamente fatto retromarcia. Si chiama Danilo Turboli ed ha dichiarato in aula: «Mi sono inventato tutto». Da allora ha smesso di parlare. Il Cosentino è l'area della regione con il maggior numero di collaboratori di giustizia: la ragione è facilmente spiegabile. Le cosche non sono costituite su base parentale e, quindi, da persone legate fra loro da vincoli di sangue e questo facilita ( e non poco) cambi di posizione dopo le retate. Chi non sopporta il carcere si pente sapendo di non dover mettere nei guai fratelli e parenti prossimi ma solo “compari” di malefatte. L'udienza celebrata ieri davanti al gup di Catanzaro, Fabiana Giacchetti, ha registrato una serie di eccezioni legate al legittimo impedimento a intervenire in aula di alcuni imputati e, poi, una questione di legittimità a presiedere il rito alternativo rivolta nei confronti del Gup. Il magistrato, infatti, secondo una interpretazione data dal collegio di difesa alla legge Cartabia, avrebbe dovuto astenersi perchè già firmataria del decreto che dispone il giudizio per altre decine di imputati che compariranno davanti al Tribunale di Cosenza. Sulle questioni sollevate il magistrato si è riservato di decidere. La riserva verrà sciolta alla prossima udienza fissata per venerdì 29 nell’aula bunker di Catanzaro.