La Calabria è il Sud del Sud dell’Italia, ed è, soprattutto, la cattiva coscienza dei governi che, in questi anni, si sono sempre mostrati ciechi e sordi davanti alla disperazione di un popolo. Differenze territoriali che emergono violentemente dalla scuola. Roma chiede sacrifici al Sistema-Istruzione del Paese, tagli per limitare la spesa pubblica (zavorrata dai costi di partecipazione a una guerra che ci chiede la Nato). E, naturalmente, anche il Sud è finito a dieta con le Regioni che si sono dovute allineare alle pretese del Governo centrale. Anche la Calabria dovrà farlo con un piano di dimensionamento scolastico che nella sola provincia di Cosenza porterà alla perdita di autonomia di 29 scuole per risparmiare sullo stipendio di preside e segretario rinunciando di fatto al rilancio dell’azione sociale in questa terra malata.
La Regione ha già stabilito le linee guida della manovra. La Provincia ha riunito la Conferenza d’ambito dei sindaci per mettere a posto una strategia condivisa. La presidente, Rosaria Succuro, ha indicato la rotta: «Sarà fondamentale recepire le esigenze dei territori». A pagare il prezzo più alto dovranno essere i centri più grandi. Uno scenario livido nel quale, tuttavia, sarà garantita la sopravvivenza di due elementi: «La salvaguardia degli istituti omnicomprensivi, e la costituzioni di poli (tecnico-profesisonali o scientifico-umanistico». I sindaci resistono. O, almeno, provano a farlo sapendo che le scuole sono presidi salvavita, soprattutto in quei territori dove la ’ndrangheta recluta manovalanza tenera.
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