Sibaritide, il controllo mafioso sul mondo dell’agricoltura: così i clan gestiscono i falsi braccianti agricoli
Il controllo mafioso del comparto aricolo. Le inchieste Athena, Kossa e Kossa 2, operazioni condotte dalla Dda di Catanzaro negli ultimi anni nella Sibaritide e i cui effetti sono ancora in corso, hanno mostrato come la ’ndrangheta cassanese sia sempre più interessata alla gestione e al controllo delle attività agricole. A riaccendere i riflettori sull’esistenza di una vera e propria “mafia della terra” era stata già l’operazione Kossa, scattata nel febbraio 2021, che aveva portato all'arresto di 17 persone disarticolando una parte della super-cosca Zingari – Forastefano. La procura distrettuale di Catanzaro, aveva ricostruito le ingerenze e il dominio delle cosche della 'ndrangheta nel mondo rurale e nell'economia agricola della ricca e fertile Piana di Sibari. Sfogliando le carte dell’inchiesta, che ha aveva disarticolato una parte del clan Abbruzzese -Forastefano, molte pagine sono dedicate proprio alle truffe in agricoltura, al controllo del sistema dei trasporti verso il settentrione e gestire le estorsioni subite dai titolari di imprese locali indotti a versare il pizzo stabilmente. Una intera sezione, infatti, è dedicata ai braccianti agricoli che si sarebbero piegati al sistema creato per gestire le aziende agricole della Sibaritide. I braccianti agricoli beneficiari del “sistema” sono indagati per concorso in truffa con l’aggravante mafiosa perché, con artifici e raggiri, avrebbero ottenuto la certificazione di giornate lavorative false mai svolte presso aziende locali raggirando anche l’agenzia interinale “Alma Spa” e l’Inps per ottenere retribuzioni e prestazioni previdenziali. Il prossimo 18 gennaio in 150 indagati dovranno comparire nell’aula bunker di Via Paglia a Catanzaro per l’udienza preliminare.