Prevenzione, le scuole in Calabria alla prova dei terremoti: i numeri nel Cosentino non sono rassicuranti
Scricchiolano le ossa fragili della Calabria. Tremori che affiorano improvvisamente in superficie. Qualche volta sembrano sciabolate minacciose e fanno paura, qualche altra volta lasciano impronte d’inchiostro solo sulla carta dei sismografi. Sussulti che rappresentano l’impronta genetica di una regione con l’etichetta del rischio elevato dove le fratture nel grembo della terra sono vertigini che seguono schemi reticolati. In mezzo a queste valli che si alternano a colli e dorsali la terra ha sempre brontolato seminando l’angoscia. Non c’è mai stata logica negli scuotimenti improvvisi, non c’è mai stata una regola e nemmeno un orario o un periodo prestabilito. Non c’è nulla, insomma, almeno niente che la scienza riconosca ufficiale, che possa servire a comprendere perché la litosfera vada in frantumi in un posto piuttosto che in un altro. Del resto, l’ultima grande tragedia risale a più di un secolo fa. Si fa fatica a scorgere la memoria del grande sisma che 110 anni fa sconvolse le viscere dello stretto di Messina portando morte e distruzione in tutto il meridione. Una memoria sbiadita dal tempo che rivive negli abissi umani di una terra che ha dimenticato gli effetti di quello che nella storia dei terremoti italiani è stato il più grave del Novecento, il più imponente degli ultimi due secoli. L’unico strumento utile per evitare nuove sciagure resta la prevenzione. I Comuni si stanno dotando dei piani di Protezione civile. Cosenza ha, da qualche mese, il suo e la maggior parte dei Municipi della regione hanno fatto lo stesso. Ma si tratta di un virtuosismo ideale. Il rettore emerito dell’Unical, Gino Mirocle Crisci, che da sempre studia per motivi accademici i respiri della terra, nelle scorse settimane ha denunciato la cattiva abitudine degli enti locali calabresi: «C’è una cosa che non ho ben capito. In Calabria, ormai, tutti i Comuni hanno adottato il Piano di rischio. Una cosa straordinaria se non fosse che lo strumento non viene divulgato alla popolazione. Per capirci: se io sono a casa mia durante un terremoto, non so cosa fare. Non so dove dirigermi, non conosco i punti di raccolta. Purtroppo, gli enti locali considerano un adempimento di legge, non uno strumento di prevenzione per preparare la popolazione ad affrontare eventi critici. E non serve a nulla conservare in un cassetto il manuale studiato per offrire tutte le opportunità di difesa ai cittadini amministrati se ai cittadini amministrati non verrà spiegato cosa fare e come comportarsi». Lo stato di salute precario in cui versano le nostre scuole è certificato dai dati del XXI Osservatorio sulla sicurezza di Cittadinanzattiva-programma impararesicuri. La preoccupante situazione, del resto, è nota da tempo. In Calabria sono 2.113 gli istituti d’istruzione attivi e ben 1.286 sorgono in zone sismiche 1 (è la più pericolosa dove possono verificarsi terremoti violenti). Nel Cosentino sono 64 su 150 i comuni (compreso il capoluogo) le cui aree ricadono nella zona di rischio più elevata. I dati degli edifici scolastici regionali descrivono uno scenario poco rassicurante: 175 istituti (8,2%) sono stati adeguati alla normativa antisismica, 28 (1,3%) sono stati migliorati e altri 259 progettati con criteri di sicurezza previsti dalla legge. Il resto? E’ in zona d’ombra. Una parte attende gli investimenti previsti dal Pnrr-edilizia scolastica, l’altra spera nelle risorse degli enti. La situazione in provincia di Cosenza era stata già descritta da “iNumeri Di - Edilizia scolastica del Miur”: su 832 istituti d’istruzione, ben 703 strutture risultano incapaci di sopportare un terremoto di media entità. Solo 129 sono, invece, gli edifici progettati o, successivamente, adeguati alla normativa tecnica antisismica (quindi solo una su 6). Comuni e provincia hanno imboccato la strada degli interventi, spesso anche in collaborazione con gli stessi dirigenti scolastici, finalizzati alla mitigazione del rischio sismico. Un dovere che la stessa Cassazione ha statuito qualche anno fa sottolineando come: «Anche in presenza di un rischio sismico lieve le scuole vanno chiuse. Perché i terremoti non sono prevedibili e un minimo scostamento dei parametri può nascondere pericoli considerevoli». Secondo gli ermellini, gli edifici vanno considerati a ipotetico «rischio crollo seppure per un minimo scostamento dai parametri di edificazione emanati nel 2008». Ciò significa che se il parametro di sicurezza statica non arriva pienamente a soddisfare il valore “1” la struttura deve essere chiusa. Del resto è ciò che è accaduto in città, al plesso del “Fermi” di via Isnardi. Chiuso e in attesa della ricostruzione dopo la demolizione già conclusa da mesi. La vicepresidente della Regione, Giusi Princi, ha invitato tutte le scuole calabresi a una giornata dedicata alla prevenzione. La data scelta è quella di domani con una prova generale di evacuazione dell’istituto per verificare i tempi di risposta e l’efficacia delle procedure. «Il personale della Prociv è disponibile a supportare le istituzioni scolastiche interessate, che potranno manifestare la volontà di adesione registrandosi tramite apposito format già inoltrato a tutte le scuole calabresi». All’appello, però, mancheranno diverse scuole. Il motivo? Non hanno ricevuto comunicazioni e non si attiveranno. Almeno per domani.