La prima cosa che incontri entrando nei nostri ospedali sono gli occhi di medici e infermieri. Occhi tristi, occhi stanchi di chi si sente ostaggio di un sistema bigotto che, in tredici anni, ha trasformato i servizi assistenziali in una lotteria dove, spesso, si pesca il biglietto che non vince. Nei reparti è praticamente impossibile entrare perché il varco d’ingresso è stato ridotto a una cruna che distilla lentamente posti letto e speranze per gli ammalati. E così è cominciata la fuga dei camici bianchi. Gli anziani vanno in pensione, non vogliono più restare. Il taglio dell’assegno previdenziale (con quota variabile tra il 5 e il 25%) previsto in finanziaria li ha messi in fuga. E quelli più giovani lasciano il posto che avevano sognato dopo anni di studio tra università e specializzazione. Scappano presto per poter tornare a vivere, vanno nel privato, preferiscono la libera professione. Soprattutto chi lavora nei reparti di emergenza è stravolto da carichi non più sopportabili. Troppa gente affolla ancora i Pronto soccorso. Accessi impropri dicono. L’Annunziata è il porto sicuro di una provincia intera che varca la porta della prima linea in cerca di cure e assistenza. Impossibile star dietro a tutti. L’hub di secondo livello (con alta specializzazione delle cure) è stato trasformato in un centro di raccolta dove la gente arriva anche perché gli spoke soffrono di solitudine, senza personale e con con pochi letti a disposizione. Per non chiudere reparti, l’Asp è costretta spostare professionisti da una struttura all’altra con l’inevitabile mormorio che si leva dai territori. E così Cosenza resta sotto pressione, schiacciata dal bisogno di assistenza che giunge da tutta la provincia.
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