Il Cosentino da giorni è un gigantesco cratere infetto sulla mappa di questa nostra terra che trabocca di virus respiratori. C’è il Covid e c’è l’influenza stagionale nella biografia dei contagi che si moltiplicano in fretta come non succedeva dai giorni neri della pandemia. L’epicentro è sempre lì, dentro e fuori l’ospedale che fatica a reggere al nuovo assedio. L’ariete di questa epidemia (il picco, comunque, era stato collocato proprio a cavallo del nuovo anno) è puntato sul Pronto soccorso dell’“Annunziata”. Il sistema dei servizi assistenziali sul territorio è saltato da tempo. Senza personale e con interi reparti che si tengono in piedi solo grazie ai miracoli di chi ci lavora, gli spoke sono stati strapazzati dall’onda di piena di un contagio che si muove senza controllo. E il black-out dell’assistenza periferica, in questi ultimi giorni, ha trasformato l’hub in rifugio sicuro. In provincia, tutto si complica. Persino la continuità assistenziale è un servizio non più garantito con certezza perché demolito dalla tragica carenza di medici e quelli che ci sono viaggiano su territori aspri che, spesso, mettono insieme più comuni e più disagi. E quando le risposte tardano ad arrivare non resta che chiamare il 118 o mettersi in viaggio con mezzo proprio in direzione Cosenza.
Pronto soccorso
La storia di queste ultime ore ci ha riportati all’interno della prima linea dell’“Annunziata” con pazienti ammassati dentro quel che resta del Pronto soccorso, ridotto negli spazi dai lavori di riqualificazione. Un intervento che secondo il commissario Vitaliano De Salazar dovrebbe essere completato entro giugno. Ma, intanto, restano disponibili 15 posti letto nell’Obi e altri 20 nella Medicina d’urgenza che si trova al piano superiore. Gli ultimi giorni, però, hanno trasformato i virus in un martello infuocato che ha riempito in fretta quelle stanze di lamenti di pazienti di tutte le età, in mezzo a rumori, odori, paura. Dall’alba al tramonto si deve trovare spazio per lettini e barelle, in attesa che si liberi un posto in un reparto. In media ce ne sono una quarantina che finiscono in coda. Sono tutti schiacciati dentro quel buco inadeguato dove il fiato contaminato dei virus entra ed esce da quei corpi piegati dalle malattie.
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