Il colore dell’ombra, tipico del nostro tempo, riempie le nostre vite e tinge i cieli lugubri di un’agonia senza fine. Dietro le quinte della crisi si sta consumando il dramma sociale di interi pezzi di città che vanno rapidamente spegnendosi. Quartieri che escono di scena scivolando verso l’abisso. La luce, in particolare, è come sparita in quell’area di Cosenza, che lega la città vecchia a quella nuova. Un segmento urbano sfiancato dagli anni che passano inesorabilmente e continuano a piegargli la schiena. Del resto, l’indice della qualità della vita in termini di consumi al dettaglio ha progressivamente allontano questa nostra terra dalla mappa del benessere. E non è solo la città a pagare gli affanni dell’economia. C’è tutto il Sud che fatica e il rischio è che l’Autonomia differenziata possa diventare l’atto conclusivo, il punto esclamativo sulla storia dell’intero Mezzogiorno.
Cosenza è il simbolo di questa sofferenza. I segni della vecchiaia sono stampati sulle porte dei suoi tanti negozi chiusi, attività che si sono arrese nell’ultimo decennio. Le altre stentano a restare in piedi e, poi, ci sono bar, ristoranti e strutture ricettive che sopravvivono meglio alle difficoltà di un commercio che non è più lo stesso, non è più un settore produttivo. In tanti si sono arresi, gettando la spugna perché fare impresa, soprattutto impresa individuale, non è più un buon affare. C’era una volta, ad esempio, Corso Umberto, luogo di incontri e di commerci, con gente che arrivava da tutta la provincia per lo shopping che proseguiva, poi, su corso Mazzini, in direzione della Standa. Lo chiamavano “viale dei platani” proprio per la presenza degli alberi maestosi cresciuti sui lati della strada che oggi resta trafficata di un traffico che è solo di passaggio.
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