«Ampliamo i nostri servizi sanitari per tutti coloro che si trovano in situazioni di disagio. Ogni sabato sarà possibile effettuare presso la nostra sede, in via Cafarone, elettrocardiogramma, spirometria, controllo della glicemia, visita fisiatrica». L’associazione “Casa nostra” della Caritas diocesana guarda con attenzione alla malandata offerta sanitaria nostrana, ormai nei fatti privatizzata, garantendo servizi importanti ai tanti che rimangono fuori dai canali tradizionali. Basta prenotarsi. Si tratta d’un intervento necessario, anche se in città anche altre realtà del terzo settore hanno avviato iniziative mirate ad accogliere, visitare e curare donne e uomini con difficoltà economiche o altro genere di problemi. E non solo loro, come raccontano le inchieste secondo cui in Calabria una famiglia su dieci spende mensilmente oltre il 20% dei propri consumi per pagare cure mediche di uno o più dei suoi membri, quelle che l’Organizzazione mondiale della sanità definisce addirittura spese mediche catastrofiche. Una circostanza che porta le famiglie sotto la soglia di povertà relativa. Nel 2021, secondo il Rapporto sulla povertà sanitaria in Italia realizzato dal Banco farmaceutico, è stato registrato un aumento del 37,6% rispetto al 2020 degli italiani in condizioni di indigenza che non hanno potuto acquistare medicinali e ben 597.560 persone che non sono riuscite ad accedere alle cure di cui avevano bisogno. Le famiglie non povere spendono circa 61 euro al mese per le proprie spese sanitarie rispetto gli indigenti che a causa di un reddito troppo basso possono permettersi il 17% di questa spesa, ovvero circa 10 euro, una somma che non può essere sufficiente. Le più ampie forme di disuguaglianza sociale sono legate e producono disuguaglianze a livello di salute.
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