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Polemica dopo la pubblicazione di un pensiero di Hume sulle donne. Il prof. Pupo: “Sono vittima d’una pubblica gogna”

Lo studioso è stato accusato di aver inteso discriminare le donne

Il professore Spartaco Pupo

Spartaco Pupo, 50 anni, professore associato nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, autore di decine di pubblicazioni scientifiche e di venti libri, è al centro di una infuocata polemica, in relazione alla pubblicazione su un social di un pensiero di David Hume, filosofo britannico del 1700.
Professore Spartaco Pupo cosa è successo?
«Ho scritto un post di auguri l’8 marzo a tutte le donne e ai miei amici di Facebook, quindi su un account privato, con un pensiero di un autore del 1700 uno dei più grandi filosofi britannici David Hume, di cui sono studioso da qualche decennio e del quale ho tradotto tutti gli scritti politici. Hume diceva che i popoli che ostentano la superiorità dei maschi sulle donne sono i popoli barbari, che picchiano e ammazzano le donne. I popoli civili mitigano storicamente questa superiorità della forza fisica del maschio, con la galanteria e la cavalleria. Invitavo ad approfondire questo tema della galanteria su un libro riguardante gli scritti giovanili di Hume pubblicato a mia cura nel 2018. Tutto qua. Il giorno dopo sono stato avvertito che il mio post era stato sbattuto sui social da un gruppo di femministe. Alcuni colleghi mi hanno ideologicamente contestato con pensieri non poco lusinghieri. Si è aperto un vero e proprio linciaggio nei miei confronti e sono stato additato come l’ideologo del “patriarcato” nell’università della Calabria. Mi hanno messo alla pubblica gogna».
Qualcuno le ha espresso solidarietà?
«Molti amici, pochissimi professori dell’Unical. Non ho ricevuto una telefonata dal Rettore, né dalla governance, in cambio ho ricevuto una missiva in perfetto stile polizia sovietica da un indirizzo istituzionale dell’ateneo con cui una responsabile esterna all’università mi diceva che il mio post su Facebook era altamente discriminatorio e ledeva il codice di condotta del personale dell’università e, quindi, la reputazione dell’ateneo. Mi si chiedeva nella comunicazione di prendere le distanze dall’autore che cito e, se non faccio questo, di eliminare il post dal mio profilo. Mi si chiedeva insomma di limitare la mia libertà di espressione e, soprattutto, di ricerca e di divulgazione dei miei prodotti della ricerca. Il pensiero citato veniva da un mio libro dedicato a Hume e si censurava, dunque, non me ma un autore campione del liberalismo occidentale. Una vera e propria imposizione politico-ideologica ricevuta per le vie istituzionali che non accetto. Chi ha deciso che è il post era discriminatorio? L’autrice della comunicazione inviatami da chi ha ricevuto l’ordine di farmi eliminare il post? Io ho citato un mio lavoro e quindi devo censurare me stesso. Mi aspetto che la governance dell’ateneo faccia tutti gli accertamenti del caso. Io vado fino in fondo in questa vicenda, qui è limitata la libertà di pensiero e di espressione».
E cosa intende fare?
«Mi muoverò per tutelare la mia onorabilità nelle sedi legali e istituzionali. Farò una battaglia per la libertà accademica della ricerca. Con questi meccanismi inquisitori si vuole limitare lo spazio di libertà accademica e di indirizzarla. Scriverò e denuncerò tutte le ingerenze. È una battaglia che devo alle mie figlie, due donne meravigliose. Ne farò una battaglia culturale. Voglio capire cosa dà fastidio dei non allineati come me. Mi batterò per liberare l’università dal totalitarismo culturale».

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