In principio il Covid fece strage a Bergamo e nella Val Padana. In Calabria, la sua furia si manifestò in ritardo tra morti per Covid e decessi “sospetti”. Nella contabilità del dolore tra Pasqua e Pasquetta del 2020 venne iscritto anche il nome del caporeparto dei Vigili del fuoco, Angelo Bonaventura Ferri: fu lui diciottesimo martire del virus, ad appena 52 anni. Proprio quella morte, però, si è trasformata in un caso giudiziario. Troppi dubbi, tanti sospetti hanno alimentato in questi anni dolore e rabbia nei familiari di Ferri. Una rabbia che continua a reclamare verità e giustizia. I congiunti si sono affidati all’avvocato Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica, per accertare le cause che avrebbero determinato il decesso del congiunto, in mezzo a due ospedali: l’Annunziata e il Mater Domini. E davanti al Tribunale civile di Cosenza sono state citate le due strutture. La trama, ricostruita da un pool di esperti e di docenti universitari, avrebbe rivelato a sorpresa un preteso movente colposo. Il Covid sarebbe stato solo l’elemento che avrebbe aggravato un quadro clinico già compromesso da due ipotetiche «infezioni ospedaliere e uno pneumotorace bilaterale ed enfisema sottocutaneo». Ipotesi che hanno convinto i familiari di Angelo Bonaventura Ferri a rivolgersi al Tribunale di Cosenza. Una determinazione che rappresenta la risposta alle conclusioni dell’Annunziata che respingono ipotesi di condotta colposa dei sanitari che – a vario titolo – intervennero al capezzale del vigile del fuoco che era anche un sindacalista battagliero. Secondo il parere degli esperti nominati dall’avvocato Coppa, invece, «l’infezione virale sarebbe stata complicata da varie infezioni ospedaliere che all’atto del ricovero nella Unità operativa complessa di Malattie Infettive dell’Annunziata dove fu somministrato Tocilizumab e le stesse infezioni non erano presenti al momento del suo ingresso in ospedale, considerato che il paziente era in buon compenso mediante ossigenoterapia e terapia farmacologica. Il quadro patologico era in fase di stabilità ed era avviato alla remissione quando è stato aggravato da una doppia infezione sopravvenuta indicabile come infezione ospedaliera (ICA) da Acinetobacter Baumani e Klebsiella Pneumoniae. È emerso, anche, che il catetere venoso inserito a Cosenza era infetto per come certificato dall’Azienda universitaria di Catanzaro e fu sostituito come la terapia farmacologica che determinò il fallimento del trattamento assistenziale effettuato a Cosenza e che non lasciò scampo a Ferri». Il Tribunale ha nominato un proprio perito. In corso le operazioni che dovrebbero orientare definitivamente la decisione dei giudici.