Un pezzo dopo l’altro, la Calabria svanisce. Parti intere di questa regione si stanno svuotando di gente e di rumori, in una terra che, solo nell’ultimo anno, ha dovuto rinunciare ad altri 8.460 abitanti (dal 2020 la Calabria ha perso complessivamente 55.960 residenti, in pratica, la settima città della regione dopo Reggio, Catanzaro, Corigliano Rossano, Lamezia, Cosenza e Crotone). Ci sono sempre meno residenti, soprattutto, nei piccoli comuni, squarci sterminati di questa zolla che si richiudono in fretta, si accartocciano e spariscono. E man mano che le finestre e le porte vengono serrate, le strade dei borghi assomigliano sempre di più a un deserto. Comincia così il viaggio senza ritorno, l’abbandono dei borghi che la solitudine trasforma in paesi-fantasma, luoghi dal presente difficile e dall’avvenire incerto. È la grande fuga dai piccoli centri dove ogni anno il saldo demografico è negativo. E con la gente che scappa via, chiudono scuole, asili, uffici postali, guardie mediche. Si spengono le insegne dei negozi e chi prova a restare è costretto ad arrendersi e a partire. Succede, soprattutto, nelle aree più interne, dove lo spopolamento è più veloce che altrove. Ma soffrono anche le città capoluogo. Negli ultimi dodici mesi, Reggio ha perso 1.386 abitanti, Catanzaro 734, Cosenza 216, Crotone 570 e Vibo 145.
La regione invecchia
L’Italia che rischia di sparire è soprattutto quella più a Sud, Calabria compreso. L’ultimo dato dell’Istat rivela una popolazione residente pari a 1.838.150 abitanti (grazie anche alla presenza di 102.400 stranieri), con un tasso di variazione di -4,6% rispetto allo scorso anno e con una età media che è salita a 45,9 anni tondi. Che significa? Che la regione sta invecchiando in fretta. Nel 2022, l’età media era di 45,7 anni, nel 2020 di 44,9. Ma è andando indietro nel tempo che si capisce meglio ciò che è accaduto: nel 2002, l’età media della popolazione calabrese era di 39,6 anni. La struttura anagrafica si è modificata in fretta. L’ultimo dato rilevato, secondo la distribuzione per età, suddivide i residenti in provincia in tre fasce: il 12,7% è costituito dai ragazzi tra 0 e 14 anni; il 63,4% quelli tra 15 e 64 anni (l’età lavorativa); e il 23,9% sono gli over 65 (e cioè i pensionati). Rispetto all’anno precedente, ci sono meno adolescenti (-4.357), meno potenziali lavoratori (-8.467), e più pensionati (+4.000). Ciò significa che non c’è un ricambio nella popolazione attiva mentre si appesantisce la quota della popolazione collocata a riposo per raggiunti limiti d’età. Uno scenario che allarma gli economisti e provoca il fiatone, soprattutto, ai contabili dell’Inps: a tendenze invariate presto sarà difficile garantire a tutti i pensionati il vitalizio senza un turn over generazionale della parte attiva della popolazione calabrese. Ma gli indicatori mostrano la svolta demografica di questa terra, un’oasi per ultracentenari. Secondo le stime dell’Istat, in Calabria vivono 700 supercentenari (178 maschi e 522 femmine). Lo scorso anno, gli over 100, erano 682 (+18).
Culle vuote Le stime dell’Istat di inizio 2024 certificano il crollo delle nascite con un tessuto giovanile che continua a restringersi. Complessivamente sono nati 13.309 bebè contro i 13.401 dell’anno precedente (92 cicogne in meno). Il tasso di natalità è sceso, di conseguenza, al 7,2% (era al 7,3%) mentre l’indice di mortalità resta sempre alto (11,7% sia pure in leggera discesa rispetto al +12,4% del 2022). Una configurazione algebrica che, secondo l’economista dell’Unical, Francesco Aiello, «non consente all’indice di natalità di compensare il tasso di mortalità. Proprio le nascite in Calabria hanno registrato una diminuzione dell’1.5%, contribuendo al declino della popolazione regionale. Questo risultato negativo della è stato influenzato da due fattori principali: il tasso migratorio totale (- 0,1 per mille) e il tasso di crescita naturale della popolazione. (- 4,5 per mille)».
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