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Rende, il grande affare della cocaina nell’area urbana bruzia

Che la droga fosse uno delle principali voci del piano economico delle ’ndrine bruzie era più o meno noto. Lo si dava per scontato, laddove era pure possibile desumerlo dai numerosi sequestri che nei mesi passati avvenivano con cadenza quotidiana. Oggi, però, alla luce delle rivelazioni di Gianluca Maestri – ultimo pentito eccellente dei clan cosentini – si ha la certezza che, con le sostanze stupefacenti, boss e picciotti tiravano su vagonate (in senso metaforico e reale) di quattrini. Nello slalom degli omissis delle rivelazioni del collaboratore di giustizia bruzio depositate nel processo “Athena”, viene certificato l’enorme flusso di cocaina che scorreva tra la Sibaritide e l’area urbana cosentina.
Il rifornimento avveniva ogni due settimane e Maestri – lo si legge in un breve stralcio delle dichiarazioni – acquistava la coca dagli zingari di Cassano a quarantatré euro al grammo (a volte anche quarantacinque). Un affare non da poco. Visto che con un grammo solitamente si ricavano almeno tre dosi. E una dose nel mercato al dettaglio viene ceduta a circa cinquanta euro. Nel viaggio tra Cassano e l’area urbana bruzia un chilo di “coca” (al netto del rischio di finire in galera), a voler essere “onesti”, si triplicava. L’operazione di stoccaggio – è sempre Maestri a svelarla ai magistrati della Dda – avveniva in un appartamento che – secondo le dichiarazioni del pentito – veniva messo a disposizione da Giovanni Pagliaro, il quale per “il disturbo” «riceveva», a seconda delle circostanze, dai cinquanta ai cento euro. Spiccioli, insomma. Spiccioli a ipotizzare le cifre che venivano su dagli introiti della commercializzazione (dicasi pure: spaccio) al dettaglio.

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