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Sanità a Cosenza, tra debiti e Lea il conto è salato

Il tentativo di Occhiuto di ricostruire sulle macerie e le piaghe sempre aperte dei Pronto soccorso e delle corsie affollate

La sanità è un livido sul volto della Calabria. Una terra che vive a proprie spese le conseguenze dei disastri di anni di malgoverno e di spese fuori controllo che hanno generato liste d’attesa infinite, Pronto soccorso sovraffollati, ambulanze perennemente in ritardo, sforbiciate al personale e chiusure di luoghi di cura. Spine conficcate nel fianco scoperto di un sistema salute che resta lontano dagli obiettivi minimi dei lea. Roberto Occhiuto sta provando a ricostruire sulle macerie di un commissariamento che ha moltiplicato il debito. Pochi i medici e gli infermieri rimasti, soprattutto nei Pronto soccorso, la prima linea della nostra assistenza medica ridotta a bolgia infernale. E il Covid ha drammaticamente rivelato la fragilità di una rete dell’emergenza-urgenza. Ma il sistema dell’assistenza era già in crisi da molto tempo prima che sulla scesa mondiale s’affacciasse la pandemia. La programmazione dei fabbisogni di personale sanitario fatta a Roma è stata una delle slavine rotolate sui servizi sanitari calabresi perché non si è tenuto conto dell’età media elevata dei medici in servizio che sono arrivati al traguardo della pensione senza un numero adeguato di ricambi. E man mano che il contingente dei “camici bianchi” è andato a restringersi, sono spariti letti nelle degenze. Così, in questi anni, è capitato che i pazienti da ricoverare abbiano girato a bordo di un’ambulanza da un ospedale all’altro, come dei pacchi, nella speranza di trovare un posto. Ma non sempre è possibile. La politica dei tagli, dei presidi sanitari chiusi e dei medici mandati in pensione senza ricambio, alla fine non ha prodotto i vantaggi sperati e ha finito per appesantire quei conti che il commissariamento avrebbe, invece, dovuto far respirare.

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