La terra si agita non lontano da qui. Nelle viscere dei Campi Flegrei, a Napoli, succede qualcosa da più di un anno. E’ come se lì la terra avesse perso il sonno. Dopo l’ultima scossa di lunedì sera che ha raggiunto una magnitudo distanza di 4,4 gradi, la gente è corsa in strada. Su alcuni palazzi si sono aperti squarci e chi ci abitava è stato sgomberato. L’apprensione è tanta, ma non c’è d’aver paura. Parola di Gino Mirocle Crisci, rettore emerito dell’Unical, uno che ha passato la sua vita ad ascoltare e codificare ogni interferenza nel battito della terra. «Escluderei problemi per Cosenza e, più in generale, per la Calabria. Almeno allo stato di fatti. Siamo a più di 200 chilometri di distanza, impossibile che l’attuale sciame possa aver qualsiasi tipo di effetto sui nostri territori. Il problema ci sarebbe solo se si risvegliasse il vulcano. Ma in questo senso segnali, fortunatamente, non ce ne sono».
Faglie attive
Certo, tutto il Cosentino, però, non è al sicuro. Nella pancia inquieta di Cosenza e della sua sterminata provincia i movimenti non si fermano mai. I sussulti sono l’impronta di un territorio che è considerato a rischio elevato (tra 1 e 2) perché le fratture delle ossa della terra sono vertigini che seguono schemi reticolati. Spesso, il pendolo tellurico oscilla silenziosamente da un capo all’altro dell’Appennino accumulando e rilasciando energia registrata solo dagli strumenti. E proprio perché i connotati geologici di queste terre sono noti da sempre, il professor Crisci non si dà pace. «L’apprensione per i Campi Flegrei è legata al fatto che non c’è stato alcun tipo di prevenzione. Neppure con l’opportunità offerta dai fondi del Pnrr. Possibile non fare niente per prepararsi ad eventi critici? Possibile che in tanti anni non si sia riusciti a far nulla? Lo stupore è identico per come si muove la Calabria. Anche qui da noi non s’è fatto nulla in termini di prevenzione. Tutti dormono ma un giorno si sveglieranno e si renderanno conto di ciò che poteva essere fatto e non è stato realizzato. Cosenza, la vicina Valle del Crati, qui ci sono tante faglie attive che in passato hanno dato origine a territori disastrosi».
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