Trent’anni di reclusione. “Peppe u banditu” rischia d’incassare una condanna pesante per un omicidio che sembrava dimenticato. Una condanna invocata dal pm antimafia Domenico Guarascio a conclusione di un’articolata requisitoria pronunciata in sede di rito abbreviato davanti al Gup di Catanzaro, Daniele Romano. Lo scenario processuale è legato all’inchiesta avviata dalla procura guidata da Vincenzo Capomolla, per far luce su un caso di “lupara bianca”. Il caso di Salvatore Di Cicco, detto “sparami in petto”, svanito nel nulla il primo settembre del 2001 in territorio di Crucoli. Per l’omicidio di Di Cicco, 33 anni, di Sibari, sono stati arrestati, nell’ottobre dello scorso anno, il boss di Cirò Marina, Giuseppe Spagnolo, inteso come “u banditu”, il suo sodale Giuseppe Nicastri e l’esponente della ’ndrangheta di Corigliano Rossano, Rocco Azzaro. Sott’inchiesta, con loro, i collaboratori di giustizia - rei confessi - Ciro Nigro e Nicola Acri, entrambi rossanesi.