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Il carcere di Cosenza? Un centralino. Incriminate 60 persone: i nomi degli indagati

Un centralino. Con accesso gratuito. Il penitenziario “Sergio Cosmai” garantiva ai propri “ospiti” lo stabile utilizzo di telefoni cellulari introdotti illegalmente tramite i parenti di alcuni detenuti.
È quello che ha scoperto il Nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria, diretto da Leonardo Gagliardi. L’indagine, coordinata dal pm Domenico Frascino e dal procuratore aggiunto Antonio D’Alessio, ha portato all’incriminazione di 60 persone. Si tratta di 59 detenuti e della compagna di uno di questi, Valentina Putignano, originaria di Policoro. Sarebbe stata la donna, legata sentimentalmente al cariatese Cataldo Valente, a far entrare in carcere un cellulare del quale avrebbero poi usufruito più persone anche usando schede diverse.
Gl’investigatori della Penitenziaria hanno ricostruito tutto il traffico dello strumento di comunicazione prima agganciato alle celle lucane e poi a quelle poste in prossimità della struttura di carceraria. Sono 61 gli episodi di contatto ricostruiti per un periodo compreso tra l’ottobre del 2022, quindi dopo la maxioperazione “Reset” che ha investito l’area urbana e il giugno del 2023. Tra gli indagati figura anche Nicola Campolongo, padre del bimbo di tre anni assassinato con il nonno, Giuseppe Iannicelli e la donna marocchina Ibiss Taoussa a Cassano nel gennaio del 2014. L’inchiesta della procura di Cosenza non fa che rimettere in evidenza un problema serio di sicurezza riguardante gli istituti di reclusione calabresi. Non c’è giorno, infatti, che non vengano ritrovati telefonini cellulari entrati nella disponibilità dei detenuti dei settori di alta e media sicurezza.
Nel febbraio scorso, nella casa circondariale di Corigliano Rossano, i poliziotti della Penitenziaria ne hanno sequestrati in un sol colpo ben 130. E con gli strumenti di comunicazione sono stati pure trovati coltelli e stupefacenti. Il blitz ha dato la stura a mirate indagini ancora senza esito: chi aveva favorito l’ingresso in una struttura di detenzione di un numero così elevato di cellulari? Di quali colpevoli distrazioni hanno goduto i beneficiari? Domande senza risposta. Almeno per il momento. La cosa clamorosa, però, è accaduta pochi giorni dopo il blitz: nello stesso istituto di reclusione, infatti, un agente ha sorpreso un detenuto mentre, come se fosse nel salotto di casa, conversava amabilmente in cella al telefono con un amico ch’era in un’altra zona della Penisola.
Pure il penitenziario di Siano è stato investito nei mesi scorsi da una poderosa inchiesta della Dda di Catanzaro, diretta da Vincenzo Capomolla. Un’inchiesta, che ha decapitato i vertici gestionali dell’istituto. Nel capoluogo di regione i reclusi disponevano infatti di cellulari che venivano venduti all’interno della struttura, insieme agli stupefacenti, secondo un preciso prezzario.
Introdurre o possedere illegalmente un apparecchio di telefonia mobile in carcere costituisce un reato punito con una pena che va da 1 a 4 anni di reclusione. La norma varata dal Parlamento, però, non scoraggia evidentemente i fruitori del... servizio. E la circostanza appare tanto chiara che da mesi si parla della necessità di “isolare” i penitenziari attraverso i sistemi di schermatura. Sistemi largamente usati dall’esercito durante le più delicate operazioni militari in territorio estero e dalle forze dell’ordine in occasione di complesse indagini.
Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto nazionale del Sappe e Francesco Ciccone, segretario regionale concordano sulla necessità di “schermare” le strutture di reclusione. «L’unico deterrente possibile rimane» affermano «la schermatura degli istituti per rendere inutilizzabili i telefoni. La situazione è ormai fuori controllo. È necessario un intervento urgente per dotare le carceri di sistemi di schermatura efficienti e per contrastare efficacemente l’introduzione dei telefoni cellulari». Non solo. Il Dap (Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria) ha già avviato dei corsi per specializzare una parte selezionata del personale nell’utilizzo dei droni. S’è scoperto, infatti, che alcune “forniture” di armi e cellulari ai detenuti di alcuni penitenziari italiani sarebbero avvenute attraverso l’utilizzo di droni d’ultima generazione. Insomma, negli anni a venire potremmo trovarci di fronte a dei veri e propri duelli aerei combattuti nei cieli che sovrastano gli istituti di reclusione del nostro Paese. «I corsi di pilotaggio», conferma il segretario Durante «sono già stati avviati». Cambierà finalmente qualcosa? Occorrerà vedere cosa concretamente faranno ministero della Giustizia e Governo. Così non può andare.

L'elenco degli indagati

Giuseppe Carro; Vladir Scalzo; Cataldo Valente; Paolo Cusato; Andrea Volpe; Mario Spinelli; Vincenzo Torcasio; Ferdinando Cascone; Luigi Fumo; Christian Miolla ; Carlo Migliori; Marco Battigaglia; Ivano Ragusa; Franco Scarcello; Vincenzo Liberato Candreva; Domenico Berlingieri; Luigi De Martino; Salvatore Pizzuti; Vincenzo Di Martino; Salvatore Marino ; Salvatore Cosentino; Stefano Casole; Carlo Spadafora; Michele Loizzo; Mirko Capizzano; Marco Cosimo Passalacqua; Vincenzo Sculco; Mario Meringolo; Andrea Arena; Luigi Spagnolo; Giuseppe Schito; Vincenzo Crescimone; Mirko Pironaci; Nicola Campolongo; Salvatore Capraro; Enzo Bertocco; Ippolito Antonio De Rose; Mattia Spanò; Sergio Venti; Naim Saad; Fausto Vezzoni; Manuel Forte; Claudio Altomare; Antonio Giampà; Vasile Munteanu; Antonio Accorinti; Andrea Russo; Mario Pranno; Ottavio Marincola; Valentina Putignano.

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