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Terremoto in Calabria, parla il prof. dell'Unical Carbone: “Sistema complesso, impossibile prevederli”

«La risposta immediata è una sequenza di aftershocks, cioè, dopo un terremoto principale inizia una serie di terremoti di minore intensità nella stessa zona, che si susseguono con tempi sempre più distanziati, fino a quando si raggiungerà la normale attività sismica, per la maggior parte impercettibile». Lo ha detto all’AGI il professore di Fisica all’Università della Calabria, Vincenzo Carbone spiegando che cosa è accaduto nella tarda serata di giovedì quando tutta la Calabria è stata scossa da un forte terremoto. «La Calabria - ha spiegato il professore Carbone - è una terra con una elevata sismicità, dovuta alla sua collocazione di cerniera tra l’Africa e l’Europa, e tra la parte Balcanica e la parte Iberica. Solo nella provincia di Cosenza si contano almeno 20 faglie principali attive. Un terremoto avviene perchè la Terra è un pianeta attivo. C'è un processo convettivo perchè il nucleo della Terra è più caldo, e quindi viene trasportata energia dal centro della terra, che arriva in litosfera creando stress che si accumula nelle faglie, e qualche volta, a causa di una rottura ad una certa profondità, viene liberata l’energia immagazzinata. Questo è grosso modo il meccanismo. I danni prodotti sono in genere inversamente proporzionali, in qualche misura, alla profondità dell’ipocentro. Nel nostro caso, per fortuna, il terremoto è stato abbastanza profondo, 28 km secondo le fonti INGV. E poi sicuramente abbiamo imparato a costruire meglio. I terremoti sono inevitabili, fanno parte integrante del sistema Terra. Predire dove e quando accadrà il prossimo non è possibile, nè credo lo sarà mai in questi termini, non per nostra incapacità, ma per la complessità del sistema. Per il momento non possiamo fare altro se non monitoraggio e prevenzione. Non esistono modelli fisici che ci consentano di predire i terremoti, se non in senso molto generico e senza utilità pratica, quindi il monitoraggio ci consente di accumulare dati per lo studio statistico. La prevenzione ovviamente è essenziale perchè bisogna convivere con questi processi naturali, e quindi fare resilienza è necessario, con le modalità di costruzione per esempio. Qualche anno fa, con il mio gruppo di ricerca, ci siamo occupati di costruire modelli fisici di un evento sismico generico e di provare a calcolare le probabilità di accadimento in alcuni casi molto particolari, per esempio in presenza di una sequenza in accelerazione. Il problema di cui ci stiamo occupando negli ultimi due anni - ha aggiunto il docente dell’Unical - è l’osservazione, la misura e la modellizzazione dei terremoti dallo spazio. Lo scuotimento del terreno innesca una perturbazione in atmosfera che può propagarsi verso l’alto ed essere rilevata come perturbazione del campo magnetico nella ionosfera tramite i satelliti in orbita. Ci sono alcuni satelliti italo-cinesi, con cui collaboriamo costantemente da qualche anno, che fanno questo tipo di misure, e altri ne saranno lanciati in orbita a breve. C'è una collaborazione in atto molto attiva su questa problematica. Sono coordinatore scientifico di un progetto di ricerca ministeriale PRIN, che è iniziato quest’anno e che si protrarrà nei prossimi 3 anni, che è stato valutato con il punteggio massimo dai revisori internazionali nel settore della Geofisica. Il progetto si propone di costruire modelli fisici di questo processo di innesco e osservazione dall’altro dei terremoti. L’idea è duplice: 1) fare sismologia dallo spazio, non tramite i sismografi a terra, ma tramite i satelliti guardando dalla ionosfera; 2) con i sismografi non si è mai riuscito finora a trovare precursori di un terremoto. Vogliamo vedere se invece, guardando dalla ionosfera che è sensibile non solo alle perturbazioni fisiche (scuotimento del terreno), ma anche alle perturbazioni elettromagnetiche, sia possibile osservare qualche precursore credibile. Non sappiamo ancora se il terremoto in Calabria ha prodotto la perturbazione nella ionosfera, lo vedremo tra qualche giorno, e se possibile, vedremo il terremoto di Pietrapaola dallo spazio e, se ha prodotto qualche segnale, lo studieremo in dettaglio. Questa modalità alternativa di guardare ad un evento sismico credo possa diventare, se non il futuro, almeno una importante integrazione dell’usuale monitoraggio sismico con i sismografi a terra. Ma sicuramente con molte più potenzialità. Avere una visione alternativa del processo, credo sia essenziale per cercare di capire meglio il processo fisico del terremoto e, soprattutto, cercare i precursori, che sarebbe la svolta epocale nella sismologia».

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