Tra dodici giorni i dipendenti dell’Amaco conosceranno (forse) il loro destino. Il dubbio permane, ed è anche legittimo. Le clausole sociali e i paletti di natura economica inseriti nel bando per la vendita o il fitto del ramo d’azienda vergato dal curatore fallimentare Fernando Caldiero dopo il via libera del giudice delegato presso il Tribunale cittadino Francesca Familiari non sono coda da niente. A conti fatti chi dovesse decidere di prendere in mano le redini della situazione si graverebbe di un fardello non indifferente. Il bando, anzitutto, prevede che l’acquirente prenda in carico oltre ai 111 dipendenti del Tpl anche la dozzina di addetti al servizio di sorveglianza dei parcheggi a pagamento. Inoltre, va garantita l’assunzione per almeno tre anni all’attuale direttore. Pena una pesante sanzione economica. Anche il costo degli immobili non sono bruscolini. Specie se messo a confronto con i ricavi (vicini allo zero) che attualmente l’Amaco può garantire con i ticket dei viaggiatori (il numero dei portoghesi non si è affatto abbassato nonostante le iniziative assunte dalla direzione aziendale e dallo stesso curatore Caldiero). Insomma, tutti elementi negativi che potrebbero fare andare deserto il bando. Il rischio è elevato. Ciò complicherebbe i piani in quanto la proroga del servizio affidato all’Amaco scade a fine settembre. I lavoratori senza un nuovo soggetto gestore dalla sera alla mattina si ritroverebbero alla porta e l’amministrazione comunale privata del trasporto pubblico. Possibile? Certo, se Palazzo dei Bruzi, la Regione Calabria e Cometra non corrono ai ripari. Finora solo riunioni poco produttive. Al capezzale dell’Amaco si era presentato il Consorzio Autolinee dei fratelli Carlomagno, ma la loro manifestazione d’interesse non è stata presa in considerazione.