Il policlinico dell’Annunziata, che sorgerà in contrada Rocchi, all’Unical, è un punto nel tempo dentro una storia di una sanità che è la narrazione di un sistema disastrato capace di declinare ossessivamente il verbo economico da tredici lunghi anni. Alla Festa dell’Unità, giovedì scorso, Carlo Guccione ex assessore, ex consigliere regionale, ed ex delegato nazionale del Pd per la Sanità nel Mezzogiorno, davanti ai direttori generali di Asp, Antonello Graziano, e Azienda ospedaliera, Vitaliano De Salazar, ha individuato il problema mettendo sotto accusa il governatore Roberto Occhiuto: «Quattordici anni di commissariamento rappresentano il fallimento dello Stato italiano e lo Stato è in debito con la Calabria. Questa è la grande questione che noi del Pd dobbiamo porre. Io mi sono anche un po’ seccato di fare l’elenco delle cose che non che non vanno nel dramma della sanità. Agenas e Fondazione Gimbe, prima, e adesso il centro di ricerca Crea che ci dice una cosa drammatica: la Calabria è l’ultima regione che non è in grado di garantire i livelli essenziali di assistenza». Certo, è vero, la sanità vacilla da quando ha perso di vista il suo obiettivo, da quando l’assistenza dei cittadini è stata sacrificata da manager e commissari sull’altare dei bilanci. Le manovre di questi ultimi tredici anni sono state rigidamente ancorate a un mix di numeri, costi e, soprattutto, tagli. Posti ridotti nelle degenze e corsie sempre meno affollate di personale. Pochi medici sulle ambulanze e nei poliambulatori, Pronto soccorso ridotti a una bolgia e liste d’attesa per visite specialistiche fino a tre anni.
Ma il declino del sistema salute è cominciato prima, da quando la politica aveva trasformato la sanità in un albero della cuccagna. Un disastro che venne certificato il 7 ottobre del 2009 dall’allora governatore Agazio Loiero davanti alla commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, presieduta da Leoluca Orlando. Loiero guidava allora una giunta di centrosinistra, Guccione proprio in quei giorni veniva eletto segretario regionale del Pd (che era al governo della Regione) alla guida della mozione Bersani, mentre Roberto Occhiuto da un anno sedeva a Montecitorio sotto le insegne dell’Udc. Le battaglie di Guccione nella sanità cominceranno solo più avanti nel tempo ma il sistema salute era già un malato terminale. Colpa dello Stato, ha detto Guccione in largo Carratelli. Certo, lo Stato è intervenuto in ritardo. La prima vera traccia è il rapporto depositato nell’aprile del 2008 dalla “Commissione ministeriale di indagine sulla qualità dell’assistenza prestata dal servizio sanitario della regione e sulla effettiva erogazione dei livelli di assistenza” che fu inviata in Calabria con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del dicembre del 2007, provvedimento con il quale la Calabria veniva dichiarata in stato di emergenza sanitaria a causa della particolare condizione rispetto alle altre regioni in disavanzo di bilancio.
Leoluca Orlando spiegò che la commissione ministeriale trovò «difficoltà nell’acquisire dati attendibili, rilevando una carenza di informazione, una carenze nelle liste di attesa, una abnorme quantità di ricoveri impropri; alle leggi regionali n. 9 e n. 26 del 2007, che hanno avviato la riforma del sistema sanitario, prevedendo la struttura provinciale per il governo della salute, nonché la Stazione unica appaltante per gli appalti riguardanti il settore sanitario. Sono stati evidenziati alcuni elementi di criticità. Ad esempio, si è notato che la Calabria detiene il record nazionale (dunque, nulla è cambiato a distanza di 17 anni) per quanto riguarda la mobilità, tanto verso altre regioni, quanto – dato ancor più preoccupante – tra strutture sanitarie della stessa regione, come se il decorso di cura di una stessa patologia avesse bisogno di più ospedali (ciascuno con un tipo di assistenza che non si trova negli altri)». Una sanità pubblica che già nel 2007 in Calabria non era in grado di offrire la garanzia di cure ai cittadini. Ma la picchiata del sistema salute non si è mai più arrestata, nonostante il ricorso a interventi che avrebbero dovuto ridurre l’indebitamento. Provvedimenti che non solo non hanno risolto l’indebitamento ma lo hanno moltiplicato. Loiero, quel giorno, tirò fuori le carte del suo progetto per ridurre la spesa. E così vennero gettate le basi del piano di rientro col taglio dei piccoli ospedali. Uno schema che, tuttavia, diventò esecutivo col governatore Giuseppe Scopelliti che raccolse il testimone da Loiero, tanti oneri e rari onori. Agazio Loiero illustrò in Commissione le mosse che avrebbero salvato la sanità in Calabria: «Siamo riusciti a produrre il piano in 69 giorni, prevedendo un potenziamento sul territorio dell’attività specialistica e diagnostica ambulatoriale, per la quale oggi si ricovera negli ospedali in maniera esponenziale e impropria. Ci faremo carico di chiudere parecchi ospedali. Tenete conto che in una microeconomia, in un contesto di fragilità economica fortissima, l’ospedale spesso non è solo il luogo dove si va a ricoverarsi, ma spesso diventa anche un concentrato di piccole economie, su cui tutti vivono. Bisogna tener conto che stiamo parlando di una regione che ha di queste difficoltà. Abbiamo puntato al potenziamento dell’assistenza residenziale e abbiamo immaginato un modello organizzativo per sviluppare l’assistenza territoriale, puntando molto sulla casa della salute. Laddove chiuderemo ospedali, tenteremo di costruire case della salute. Ereditiamo molti ospedali da un passato lontanissimo e, spesso, la gente non riesce a rendersi conto del perché, ad esempio, in due paesi che sulla carta appaiono vicinissimi, ci siano altrettanti ospedali.