I giovani medici fuggono dalle scuole di specializzazione. Diserzioni di massa che spingono in tutta Italia la Sanità pubblica verso un margine pericoloso. E’ l’effetto domino di anni di tagli dopo molti altri anni di bagordi. La Calabria è il simbolo di quel periodo di sprechi, di spese fuori controllo, di affari e malaffari.
La risalita è difficile e le proiezioni per il futuro non sono certamente rosee. Le scelte dei neo-laureati rischiano di provocare una tempesta perfetta, soprattutto, nell’Emergenza-urgenza e mella medicina territoriale, aree a rischio tenuta già adesso. Per quanto riguarda la specializzazione in emergenza-urgenza le cause dello scarso feeling sono legate agli scenari che si compongono e scompongono, quotidianamente, nei Pronto soccorso di tutto il paese dove si registrano dimissioni di massa. Chi lavora nei reparti di emergenza è stremato da carichi insostenibili che non consentono di tutelare il work life balance. E uno dopo l’altro crollano. Persino le figure apicali (e l’“Annunziata” fa scuola) cedono sotto il peso delle responsabilità tra organici ridotti all’osso e l’impossibilità di garantire assistenza alla marea umana che riempie ogni centimetro dei reparti di prima accoglienza. Stremati dall’assenza di un work life balance ed esposti a rischi di aggressioni fino all’incolumità personale, decidono di andare via. Per adesso, la crisi viene gestita con il ricorso ai medici cubani ma il prossimo anno scadrà la convenzione con l’agenzia interinale governativa e sorgeranno difficoltà organizzative in tutte le prime linee dei nostri ospedali. Il futuro non riserva speranze: con il 29% delle borse di specializzazione coperte e concorsi deserti, il turn over (con la sostituzione dei “camici bianchi in fuga o in pensione) nei Pronto soccorso non potrà essere assicurato.
Il direttore sanitario dell’Asp, Martino Rizzo, conferma lo scenario di crisi che è andato consolidandosi negli anni. «Stiamo mettendo in campo una serie di provvedimenti per provare a fronteggiare l’emergenza ma non è facile. Lottiamo contro la crisi vocazionale e contro il tempo. Purtroppo, in Calabria, secondo l’ultimo rapporto Gimbe abbiamo la percentuale più alta d’Italia (89,4%) di medici di medicina generale che vanta oltre 27 anni di laurea. E considerando l’età del pensionamento ordinario a a 70 anni e il numero di borse di borse di studio assegnate nel triennio 2020-2023, tra due anni, il numero dei medici di base nella nostra regione diminuirà di altre 135 unità rispetto al 2022. Col ricorso ai pensionati trattenuti in servizio, per il momento, stiamo limitando falle nella rete. Ma presto, non mancheranno i problemi considerando che l’assistenza ai mutuati dovrebbe essere garantita da 508 professionisti nel Cosentino anche se in servizio ce ne sono una quarantina in meno».
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia