È tarda sera quando il campanello annuncia il rientro in aula dei giudici. Il palazzo di giustizia è deserto, in giro solo il personale impegnato nei controlli di sicurezza. La presidente Urania Granata legge con voce ferma il verdetto: tre anni di reclusione. È la pena inflitta all’ex prefetto di Cosenza, Paola Galeone, imputata per i reati di induzione indebita alla corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio. I giudici hanno riqualificato l’imputazione in istigazione alla corruzione e assolto l’imputata dall’accusa di rivelazioni di segreti d’ufficio. Disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Secondo la tesi accusatoria, l’ex prefetta avrebbe chiesto una sorta di “mazzetta” attraverso l’emissione di una fattura falsa da 1.200 euro, alla imprenditrice Cinzia Falcone, presidente dell’associazione “Animed”, per garantirsi una somma del fondo di rappresentanza della Prefettura . La vicenda che ha travolto l’alto funzionario dello Stato nasce proprio da una denuncia presentata alla squadra mobile bruzia, all’epoca diretta dal primo dirigente Fabio catalano, a ridosso del Natale del 2019 dalla imprenditrice cosentina. Come ricostruito in modo articolato dal pubblico ministero nella sua requisitoria, la teste, ascoltata in piena notte, raccontò ai poliziotti e ai magistrati inquirenti, in quel periodo guidati da Mario Spagnuolo, che il Prefetto le aveva proposto di spartirsi una esigua somma di denaro ch’era rimasta disponibile nel fondo spese di rappresentanza. Falcone e Galeone stabilirono di vedersi dopo Natale in un bar del centro cittadino dove la polizia piazzò microspie per ascoltare il colloquio tra le due donne. Paola Galeone venne successivamente sottoposta a misura interdittiva dal Gip del tribunale bruzio (una misura poi confermata dal Tdl di Catanzaro). L’ex prefetto ha sempre respinto le accuse dichiarando in aula: «Il poliziotto che mi accompagnava è arrivato dinanzi al bar e si è allontanato, diceva che erano cose da donne e non voleva entrare. Nel bar mi trovai smarrita, pienissimo di gente il 28 dicembre. Quando ho visto la busta non ho capito nulla. Sono rimasta sorpresa quando ho visto che c’era del denaro. I soldi sono stati trovati sparsi nella mia borsa, sono uscita serenissima ma poi mi è caduta una tegola addosso». Ed ancora, «Falcone prese la busta e la infilò nella borsa». Diametralmente opposto il racconto reso da Cinzia Falcone.