Il Pronto soccorso resta una trincea, di giorno e di notte, con medici e infermieri costretti a resistere all’urto della marea umana. Del resto, le attuali fragilità del sistema salute sgorgano in un territorio colabrodo che spinge la gente sofferente a mettersi in cammino verso l’ospedale ignorando le frontiere dei codici del triage. Sciami di umanità che, da ogni angolo di questa sterminata provincia, si ammassano nella bolgia dell’“Annunziata” e restano lì in attesa d’un responso. Aspettano ore anche solo per un mal di denti, un raffreddore o per un controllo della pressione. Accessi impropri, li definisce la letteratura sanitaria. Accessi che generano caos. La colpa non può essere certo di chi lavora in un reparto di emergenza-urgenza ridotto ad accampamento. In quelle stanze, con i pazienti, ci sono da gestire le pericolose intemperanze di parenti (im... pazienti) che spesso indossano i panni del “giustiziere”.
Ieri sera, dopo l’ingresso di un malato accompagnato da un parente, si sarebbe presentato alla porta anche un secondo familiare, evidentemente poco incline al rispetto di leggi e regolamenti. Davanti all’impossibilità di vedersi agevolato nella sua declinata necessità di accedere in via straordinaria e urgente come parente aggiunto al parente già ammesso in reparto, avrebbe provato a far valere la sua determinazione aggredendo prima il vigilante in servizio alla porta e, subito dopo, il responsabile del Posto fisso di polizia, prontamente intervenuto. L’uomo è stato immobilizzato e affidato agli agenti della Volante che lo hanno portato in Questura per accertamenti.
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