Gli scenari economici sono condizionati da un’evoluzione rapida e da una forte competizione globale. E così, le imprese sono costantemente alla ricerca di soluzioni innovative per ottimizzare i processi, ridurre i costi e, soprattutto, aumentare l’efficienza e la produttività. L’intelligenza artificiale è diventata lo strumento cruciale per la trasformazione e lo sviluppo aziendale. Ma, alle nostra latitudini, è considerata ancora una tecnologia di nicchia, almeno per le Pmi. Temi approfonditi, ieri mattina, nel centro direzionale della Bcc, nel corso della presentazione del 20.mo “Rapporto Economico” curato dalla banca cooperativa. Un documento che approfondisce proprio il “Deep learning”: “La Calabria nell’era dell’intelligenza artificiale. Percezioni, minacce, opportunità per l’economia regionale”. Un argomento introdotto con la solita autorevolezza dal presidente dell’Istituto di credito, Nicola Paldino, e approfondito dai relatori.
Raffaele Rio, presidente dell’Istituto di ricerca “Demoskopika” ha detto: «IA o non IA questo è il dilemma. Perché dilemma? Anche nel quotidiano noi ad esempio utilizziamo modelli predittivi. Per realizzare questa indagine abbiamo intervistato circa 500 imprenditori calabresi. E il quadro d’insieme che il report ci restituisce è quello di grande interesse ma di una scarsa conoscenza dell’IA. Le ragioni sono diverse. Le difficoltà maggiori sono quelle che si ritrovano nelle Pmi. E bene ha fatto la Regione a lanciare bandi con finanziamenti connessi all’IA».
L’IA è ormai una risorsa fondamentale che sta rivoluzionando le modalità operative di molte aziende, dalle piccole startup alle grandi multinazionali. Ma, inevitabilmente, ci sono implicazioni etiche e sociali connesse alla rivoluzione tecnologica in corso. Il vice presidente della Cei, monsignor Francesco Savino, ha rischiarato il cono d’ombra: «Intelligenza artificiale? È necessaria un’algoretica, ovvero un’etica dell’algoritmo. Condivido la posizione del Papa che usato parole sagge e corrette. Per me l’IA rappresenta due cose per certi versi estreme. Da un lato un’opportunità importante, dall’altro un rischio. Questo accade, del resto, davanti ad ogni fenomeno nuovo. Insomma, corriamo il rischio dell’ambiguità. Mi spiego meglio. Intanto dobbiamo fare in modo che l’intelligenza artificiale non faccia aumentare le disuguaglianze e che l’uomo diventi sottomesso alla tecnologia: in poche parole che di essa se ne faccia un idolo. Ecco perché penso sia necessario creare un’etica dell’algoritmo, un’algoretica, coniando questa parola».
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia