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Qualità della vita, un anno in chiaroscuro a Cosenza e nella sua provincia

Il futuro della Calabria risuona come un respiro affannoso all’interno dell’annuale report del Sole 24 Ore. L’istantanea sul Belpaese è sfocata e l’ampiezza della spaccatura che divide nettamente l’Italia in due tronconi “boccia” gli sforzi di risalita delle realtà del Mezzogiorno. Nella top ten della qualità della vita, il capoluogo più meridionale è Ascoli Piceno. Il sogno di riscatto del Sud resta imprigionato all’interno di un cammino disordinato con un centro di gravità collocato sempre più in basso. Al Nord si parla di scie positive, di virtuosismi, di produttività. Bergamo festeggia il primato e dietro ci sono Trento e Bolzano. C’è solo il settentrione che si alterna sui gradini più importanti della classifica con i capoluoghi del centro. Bari, regina del Sud è solo la 65.ma provincia d’Italia. Dalla Puglia in giù è un rosario di spine. Del resto, al di là di numeri e statistiche, in questa nostra terra, abbandonata al suo destino di sofferenza e solitudine, sono sempre state confuse le trame della vita. E gli indicatori scelti dagli esperti del Sole mostrano una progressione di paragrafi all’interno di un palinsesto di negatività. Vacilla l’architrave Calabria in ogni angolo di questa regione, ridotta a una terra di mezzo dove la qualità della vita sta sprofondando più velocemente che altrove. E non è solo un’impressione.

La regione

La migliore performance si registra a Catanzaro che chiude 90.ma tra i capoluoghi, recuperando una posizione rispetto a un anno fa. Poi, c’è Cosenza che conferma il 102.mo posto del 2023. Le altre sorelle precipitano. Reggio fa sei passi indietro ed è la nuova “maglia nera” d’Italia, Vibo firma la performance più negativa perdendo 7 posizioni negli ultimi dodici mesi scivolando in 103.ma posizione. Infine, Crotone, perde due posti e scivola in terz’ultima posizione (105.ma).

Il Cosentino

I chiaroscuri delle macroaree giustizia e sicurezza (-2 posizioni rispetto al 2023, confermandosi, tuttavia, il miglior indicatore complessivo che consente a Cosenza di chiudere 71.ma in Italia), demografia e società e ambiente e servizi (in entrambi i settori la provincia perde sette posizioni) intaccano le dimensioni della prestazione globale, bilanciata, comunque, dai miglioramenti delle performance nei campi ricchezza e consumi (+8), affari e lavoro (+4), cultura e tempo libero (+4). Tra gli indici statistici, Cosenza ottiene il terzo posto assoluto (migliore risultato) nell’indice di rotazione delle cause (procedimenti definiti su nuovi iscritti). Bene anche il settimo posto nelle denunce dei delitti informatici. Sesto posto, invece, nel numero di denunce di rapine in pubblica via su 100mila abitanti. Malissimo, invece, con gli incendi: il dato relega Cosenza sul penultimo gradino del paese.

E le cose non vanno certo meglio nell’emigrazione ospedaliera (103.ma), speranza di vita alla nascita (102.ma) e nella qualità della vita declinata al femminile (101.ma posizione). E non va bene, neppure, il dato dell’efficienza delle reti di distribuzione delle acque potabili che relega il Cosentino in 103.ma posizione. Del resto basta dare un’occhiata alla salute malferma del più importante schema idrico della Calabria settentrionale (l’Abatemarco) per comprendere che si tratta di una stima per difetto. Nel settore cultura sorprende in negativo l’indice di lettura dei giornali che è uno dei peggiori d’Italia (103.mo posto). Le difficoltà sono anche economiche. Nell’indicatore della retribuzione media dei lavoratori dipendenti, Cosenza chiude al terz’ultimo posto ed è, addirittura penultima, nella graduatori del valore aggiunto per abitante. Male anche come quota di export sul Pil (105.mo posto). Dati che relegano città e provincia in coda alla graduatoria nazionale.

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