I collaboratori di giustizia condannati. Gianluca Maestri, ritenuto capo e promotore di una delle cosche “confederate” e Ivan Barone, “azionista” al servizio di Roberto Porcaro, non hanno ottenuto la diminuente di pena accordata ai pentiti. La sentenza firmata dal gup distrettuale, Fabrizia Giacchetti, li vede infatti condannati rispettivamente a 14 anni e 10 mesi e 10 anni e 6 mesi di reclusione. I due imputati dovranno aspettare il processo di appello per ottenere gli sconti previsti in favore dei pentiti. Così, almeno, si sussurra negli ambienti giudiziari. Il loro apporto nel maxiprocesso “Reset” è emerso attraverso le dichiarazioni rilasciate a magistrati e investigatori e i verbali d’interrogatorio diventati pubblici - seppure con una serie di omissis - negli ultimi mesi ritualmente depositati in alcuni dibattimenti. Maestri è stato “reggente” della criminalità nomade, mantenendo i rapporti con i “compari” del Cassanese attraverso un intenso scambio di droga finita sul mercato illegale del capoluogo. Il collaboratore, difeso dall’avvocato Manfredo Fiormonti (già legale del superpentito siciliano Giovanni Brusca) ha ammesso d’aver mantenuto un ruolo centrale all’interno dei clan degli zingari, riferendo della vendita di sostanze stupefacenti così come della consumazione di estorsioni. Con le confessioni fatte davanti ai magistrati inquirenti, l’uomo ha sottolineato di aver coltivato stabili contatti con Nicola Abbruzzese, detto “semiasse”, elemento di spicco, secondo le tesi della Dda di Catanzaro, della omonima famiglia sibarita. Non solo ha pure precisato i prezzi fissati per la “polvere bianca”: « quarantatré euro al grammo, a volte anche quarantacinque». Il collaboratore potrebbe rivelarsi pure fondamentale ai fini di complesse indagini ancora in corso avviate per far luce su fatti di sangue avvenuti negli ultimi anni nella fascia di territorio compresa tra Cassano, Sibari, Castrovillari e Corigliano Rossano. Quello di Maestri non sembrerebbe dunque un apporto conoscitivo secondario rispetto alle dinamiche della criminalità organizzata della intera provincia. Anche l’altro “escluso” dai benefici di pena, Ivan Barone, ha parlato a sua volta del traffico di stupefacenti raccontando d’aver trasportato da Bari, in un sol botto, oltre trenta chili di “roba” nascosta in un borsone. Il ritorno dal capoluogo pugliese sarebbe avvenuto con due auto: la prima col compito di far da staffetta e l’altra guidata, dallo stesso Barone, col carico della cocaina. Il collaboratore di giustizia ha raccontato anche dell’acquisto, «dai fratelli Suriano di Amantea», per conto di Danilo Turboli e Roberto Porcaro, di un carico di stupefacente del valore di centomila euro.
Le altre situazioni
Diverso, invece, il destino degli altri collaboratori beneficiari, al contrario, di ampie riduzioni di pena. Francesco Greco è stato condannato a 7 anni e 3 mesi; Luciano Impieri a 5 anni e 9 mesi; Celestino Abbruzzese, detto “Micetto” a 5, la moglie Anna Palmieri a 4; Roberto Presta, fonte preziosa rispetto agli affari criminali della Valle dell’Esaro, a 4; Giuseppe Zaffonte a 4 anni e 8 mesi, Adolfo Foggetti a 2. Tutti hanno contribuito a rendere più solida l’impalcatura dell’indagine “Reset”.