I mecenati... traditi. La famiglia Bilotti rappresenta per l’area urbana del capoluogo un sicuro punto di riferimento. Imprenditori, collezionisti d’arte, raffinati uomini di cultura impegnati in giro per il mondo, hanno donato a Cosenza le preziosissime sculture che compongono il solo museo all’aperto presente nell’Italia meridionale; a Rende hanno allestito con le loro opere la struttura museale attiva nel borgo antico, donando inoltre al Museo del Presente di Roges una intera collezione di dipinti dei futuristi italiani. Eppure qualcosa tra i Bilotti, anzi tra i progetti che sostengono, e le istituzioni locali non funziona. E ce lo conferma Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, prosecutore delle attività di mecenatismo dello zio Carlo e del padre, Enzo. Due esempi. Il primo: viene annunciata l’apertura di una mostra dedicata a Andy Wharol nel Museo del Presente ma ne vengono inizialmente escluse proprio le opere dedicate dall’artista a due donne di casa Bilotti. Wharol era amicissimo di Carlo Bilotti. Il problema è stato tuttavia risolto attraverso una integrazione disposta dagli organizzatori dell’evento. Il secondo: nei mesi scorsi Roberto Bilotti propone di donare al museo dei Bretti e degli Enotri di Cosenza una intera collezione di reperti risalenti ad epoca magnogreca e romana; l’offerta non suscita entusiasmo e non viene accolta.
È per questo che abbiamo deciso di porre qualche domanda proprio al prosecutore della generosa stirpe cosentina.
Roberto Bilotti c’è qualcosa che non funziona in questo rapporto tra la sua famiglia e la terra di origine?
«Credo non venga ben capito il contributo che è compreso nei progetti che proponiamo. Forse non riguarda la mia famiglia ma i progetti che sostiene. Pensi avevamo donato al capoluogo le collezioni Bilotti e Telesio collocando, nella Casa delle culture, oggetti di enorme interesse storico che sono stati rimossi e risistemati in un anonimo deposito della zona di Santa Lucia senza che venissimo avvertiti. Irene Telesio, l’ultima discendente vivente della famiglia del filosofo Bernardino, aveva consegnato l’intero archivio fotografico dei palazzi antichi della città bruzia ritratti dall’avo Filippo Telesio. Li hanno spostati senza dircelo. Immagini la delusione mia e di Irene che, peraltro, vive da sempre a Firenze».
Avete protestato, siete stati sentiti?
«Ma cosa vuole che le dica...».
Ma si tratta d’un caso isolato o ci sono altre vicende che le cagionano dolore?
«Negli anni scorsi abbiamo cercato di riportare grandi eccellenze sul territorio. I futuristi calabresi hanno rappresentato in quel grande movimento artistico del Novecento un eccezionale punto di riferimento. Così ho donato al Museo del Presente di Rende una collezione di 60 opere straordinarie che adesso giacciono lì senza un catalogo. Come vuole che mi senta?».
Credo... male. Senta vi eravate adoperati anche in favore della collocazione di dipinti riferibili al Patrono della Calabria, Francesco di Paola: che fine hanno fatto?
«Al Santo è dedicata una raccolta di pittura antica che va dal 1500 al 1800: si trova nei depositi della Galleria Nazionale bruzia. Un’altra parte riferibile al 1900 l’avevamo destinata alla Provincia, ma pure quella è nei forzieri d’un palazzo. Ma voglio aggiungere un’altra cosa se me lo consente».
Prego, la illustri.
«Vi sono altre importante opere destinate invece al Museo all’aperto che restano ancora nei depositi, per esempio quelle di Severini».
Insomma il bilancio che Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona traccia non sembra essere in pari con lo spirito seguito dalla sua famiglia in tutti questi anni. Forse c’è il tempo per recuperare.
Rimane la storia della donazione dei reperti. Una vicenda che può ritenersi chiusa perché senza sbocchi. L’idea di Roberto Bilotti era quella di consegnare l’enorme mole di materiale archeologico al capoluogo bruzio perchè potesse rivelarsi utile dal punto di vista didattico. Si tratta, infatti, di reperti risalenti fino al terzo millennio prima di Cristo. Non solo: la collezione privata conta pure su anfore datate a un periodo compreso tra il VI e il VI secolo avanti Cristo. Vi sono “pezzi” magnogreci e italici (quest’ultimi ascrivibili agli Apuli, i Siculi e i Campani). La raccolta, arricchita da acquisiti compiuti alle aste di tutta Europa, è composta pure di reperti etruschi e fenici. Queste due popolazioni sono entrate più volte in contatto con i territori calabresi. Rimarrà a disposizione della Fondazione Bilotti ma a Roma. Alle nostra latitudini, al momento, non c ‘è spazio.
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