Ha tentato di evadere dal carcere di via Popilia nascondendosi all’interno di un sacco nero della spazzatura. Una roba vista nei film almeno un milione di volte. E lì, nei film, un milione di volte funziona. I piani di fuga, nei film e nelle cosiddette fiction, vanno sempre a buon fine. Nella realtà, invece, è un’altra cosa. La realtà non ha una rigida regia e un copione scritto a cui attenersi con religiosità. La realtà è fatta di variabili, d’improvvisazione, di speranze. E di solito chi di speranza campa... In ogni caso uno ci prova a evadere. Poi se va bene, amen. Se va male: amen lo stesso. Sarà stata più o meno questa la filosofia del detenuto che, nei giorni scorsi, aspirava a lasciare il carcere “Sergio Cosmai” nel cassone del camion della spazzatura. Il piano avrebbe dovuto funzionare più o meno così: 1) nascondersi in un saccone nero, 2) attendere l’arrivo dell’autocompattatore, 3) accettare, sopportare, la circostanza di dover finire mescolato tra le innumerevoli e nauseabonde schifezze, 4) escogitare, poi, il modo di uscire dal cassone per tornare a respirare l’aria della libertà al di là del muro. Gestire la fuga e la latitanza, beh: quella sarebbe stata un’altra storia con una differente regia. In ogni caso i fatti sono andati in un’altra direzione. Il detenuto, l’aspirante evasore, nel cassone dei rifiuti non c’è mai arrivato. È stato scoperto da altri detenuti che, contravvenendo – evidentemente – alle regole dell’omertà, hanno segnalato agli agenti della penitenziaria una roba strana: da un sacco messo lì, su un carrello nel cortile, spuntava, s’intravvedeva, faceva capolino una scarpa. Un fatto curioso. Non proprio anomalo, ma curioso.