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«Meno male che mi avete cercato perché volevo andare in Procura a dire che non guidava lei!»: è una donna la testimone chiave dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Mario Molinari, 52 anni. Pochi minuti prima del sinistro costato la vita a Ilaria Mirabelli, 39 anni, cosentina, la teste vede sfrecciare davanti ai suoi occhi la Volkswagen Cross Up su cui la coppia viaggia.
Il mezzo sfila velocemente ed è condotto da un uomo che la testimone riconoscerà come Molinari. «Andavano forte» racconta ai carabinieri «con una guida spericolata». Il dato testimoniale incrociato con i rilevamenti fatti dal sistema di rilevamento installato dall’Anas nella zona, ha offerto ai pm Donatella Donato e Mariangela Farro lo spunto decisivo per chiedere l’arresto del cinquantaduenne, accusato di omicidio stradale. Di più. I rilievi eseguiti sull’auto dal personale specializzato dei carabinieri, hanno rivelato che sul cambio e lo sterzo vi erano le solo tracce genetiche dell’indagato e non quelle della vittima a conferma che fosse Molinari al volante del veicolo e non l’ex compagna.
L’ordinanza firmata dal gip bruzio, Letizia Benigno, con cui sono stati disposti gli arresti domiciliari nei confronti del cinquantaduenne tira dentro altri due testimoni rimasti però non identificati. Si tratta di una coppia che nell’immediatezza dell’incidente ferma un’auto in transito per invocare l’allerta da dare ai soccorsi. Dei due, probabilmente presenti nelle drammatiche fasi dell’uscita di strada del “Cross up” e del suo successivo capovolgimento , offre precise indicazioni proprio l’uomo fermato perché lanciasse l’allarme. I due testi, tuttavia, si sarebbero poi allontanati dal luogo della tragedia e gli investigatori non sono riusciti a dar loro una identità.
Mario Molinari, difeso dall’avvocato Nicola Rendace, ha sempre sostenuto la tesi che fosse Ilaria a condurre la Volkswagen venendo tuttavia smentito dalla consulenza svolta per conto della Procura dal perito Fausto Carelli Basile.
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