
La ferita è ancora aperta e non rimarginerà mai. Sopravvivere a un proprio figlio è un dolore troppo forte da poter metabolizzare. Si dice che il tempo lenisca ogni cosa, ma per uno squarcio del genere non basterebbero due vite. E così il senatore cosentino Mario Occhiuto, che ha da poco perso il figlio trentenne Francesco, si appresta a vivere il giorno di San Giuseppe con la morte nel cuore. «Domani sarà la festa dei papà. Una giornata speciale per tanti, un po’ più difficile per altri. Per me, è entrambe le cose. Sono padre di tre figli meravigliosi. Due posso stringerli tra le braccia», afferma, «uno lo abbraccio ogni giorno con il pensiero e con l’anima. Tre, sempre. Perché l’amore non ha confini. Va oltre il tempo, oltre ciò che gli occhi possono vedere. Essere padre è la cosa più bella che esista. Ma può essere anche la più difficile. A volte è gioia, altre è paura, fatica, dolore. È voler proteggere, esserci sempre, anche quando la vita prende strade che non avresti mai voluto. E poi c’è il dolore, quello che ti cambia per sempre. Che scava dentro e lascia un vuoto che niente può colmare. Ma che ti fa capire quanto sia profondo questo legame. Un legame che non si spezza, perché non è fatto solo di sangue, ma di amore. E l’amore resta. Sempre. Ci sono giorni in cui i ricordi fanno sorridere, altri in cui fanno male. Ma i più preziosi sono quelli in cui mio figlio si mostrava fragile, quando -senza bisogno di parole– mi lasciava entrare nel suo mondo. Attimi rari, che porto dentro di me come un dono. In una foto siamo felici, insieme. In un’altra, indosso una maglietta che è il regalo più bello che abbia mai ricevuto: un pensiero dolce dai miei figli. Domani non festeggerò. Non ci riuscirò. Voglio solo dire grazie. Grazie ai miei figli, perché sicuramente mi hanno reso un uomo migliore. Perché mi danno la forza di andare avanti, ogni giorno. Ho scelto di andare nei luoghi di San Francesco di Paola e di San Francesco d’Assisi. Prima a Paola, per onorare il nome che porta mio figlio. Poi ad Assisi, per raccogliermi in preghiera e sentirmi più vicino a lui. E per trovare la forza di essere, sempre, il padre che i miei figli meritano.
Oggi qualcuno mi ha scritto che pregherà perché il mio angelo mi sorregga. Voglio crederlo. Voglio pensare che sia così. Che continui a camminare accanto a me, in un altro modo. E auguri a tutti i papà. A quelli che possono stringere i loro figli tra le braccia. E a quelli che li tengono stretti nel cuore».
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