Viveva in Calabria, ma odiava gli occidentali e probabilmente stava organizzando un attentato terroristico in Italia. Gli agenti della Digos di Catanzaro, in sinergia con i colleghi di Cosenza, hanno arrestato Halmi Ben Hahmoud Mselmi, il 28enne tunisino con l’accusa di terrorismo. Il giovane è considerato uno jihadista appartenente all’Isis con il ruolo di organizzatore. Si professava Salafita - Takfira, era ricercato in Tunisia e sarebbe stato determinato al compimento nel prossimo futuro di un atto terroristico in Italia. Le indagini, coordinate dalla Procura di Catanzaro, hanno consentito agli inquirenti di individuare l’esistenza di una struttura criminale idonea a mettere in opera atti terroristici, che, avrebbe svolto attività di proselitismo e indottrinamento finalizzata ad inculcare una visione positiva del martirio per la causa islamica nonchè attività di addestramento militare e il cui obiettivo era quello di sovvertire gli ordinamenti statuali, soprattutto quelli relativi a Stati dove la popolazione è a maggioranza musulmana, tendendo a creare strutture teocratiche, dove i vertici dispongono che le leggi siano di derivazione divina e che le stesse debbano essere rigidamente osservate. Il 28enne, intercettato dagli investigatori, ha più volte ribadito la sua intenzione di ammazzare gli infedeli, sottolineando che prima o poi avrebbe portato a compimento i suoi propositi, particolarmente cruenti.
«Voi siete gli infedeli e se Dio vuole ce la possiamo fare e vedrete cosa possiamo fare... non vi perdoneremo, verrete massacrati, strangolati ed impiccati, non vedrete la pace": sono alcune delle frasi captate in un monologo che il tunisino faceva da solo il 25 gennaio del 2024. Il giovane è considerato uno jihadista appartenente all’Isis con il ruolo di organizzatore. Le attività svolte sono state documentate attraverso l’acquisizione di file inneggianti la Jihad, di filmati su attentati e scene di guerra rivendicati dall’Isis.
Sono stati inoltre acquisiti documenti illustrativi della preparazione di armi ed esplosivi, delle modalità con cui raggiungere luoghi di combattimento e come trasmettere in rete messaggi criptati. Da alcune conversazioni è anche emerso l’odio del tunisino nei confronti del mondo occidentale. E in un’occasione era adirato contro i «bastardi della Questura», facendo riferimento allo stato dalla pratica di permesso di soggiorno che all’epoca non si era perfezionata, palesando un particolare odio verso «tutto il mondo». Mselmi manteneva contatti con la Tunisia e utilizzava spesso Messenger per parlare con i suoi sodali. In una conversazione del 20 gennaio 2024 tra Mselmi e un suo connazionale, i due concordavano sul fatto di utilizzare la piattaforma Messenger per parlare tra loro, ragionando su accortezze da osservare per evitare di lasciare traccia negli apparecchi.
Nella stessa conversazione, il 28enne tunisino ricordava le modalità con le quali la polizia tunisina aveva fatto irruzione nelle abitazioni dei sodali a dimostrazione del legame con le persone che erano finite a processo in Tunisia. In un’ulteriore conversazione, captata dagli inquirenti, Mselmi e altri due suoi amici ribadivano l’esigenza di reperire un applicativo informatico in grado di consentire loro di agire con riservatezza. Spesso, emerge dalle indagini, il tunisino usava il cellulare di conoscenti italiani per evadere i controlli e comunicare con i propri familiari. In alcune conversazioni intercettate il 28enne stigmatizzava il comportamento dei musulmani più moderati, in relazione alle elezioni in Tunisia che erano, a suo dire, incompatibili con la sua visione dell’Islam. Gli inquirenti hanno delineato anche il contesto storico della Tunisia che risulta uno dei primi Paesi del mondo per numero di foreign fighters
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