Cosenza

Martedì 22 Aprile 2025

Cosenza, negato risarcimento ai parenti del calciatore ucciso per sbaglio

Un destino crudele. Salvatore Bennardo, 23enne “campione” della Morrone, venne ucciso il 18 luglio del 1983 da un commando di sicari. Viaggiava con dei compagni di squadra su una A112 e stava rientrando da Fuscaldo dove era sceso in campo. D’improvviso la vettura venne affiancata da una Fiat 127 dalla quale partirono una gragnuola di pallottole che uccisero il giovane atleta e ferirono a un braccio un calciatore che gli era seduto accanto. Il pentito Roberto Pagano, 12 anni dopo, spiegherà che si era trattato di un agguato di ‘ndrangheta, deciso dalla cosca guidata dal boss Franco Pino, precisando che gli attentatori sbagliarono bersaglio facendo fuoco sull’auto dei calciatori e non contro la vettura su cui, invece, transitava l’esponente di un clan avverso. L’omicidio è rimasto impunito perchè, al termine del maxiprocesso “Garden”, l’imputato del delitto è stato assolto e il verdetto è successivamente diventato definitivo. Alba Bennardo sorella della vittima, ricorda quel terribile giorno d’estate. «Salvatore tornava da Fuscaldo dopo aver giocato una partita di calcio. Era seduto sul sedile posteriore dell’A112 e aveva accanto un compagno. Lui non frequentava ambienti a rischio, non aveva amicizie pericolose e viveva in casa con noi dedicandosi esclusivamente allo sport. Dapprima giocava nella Ternana ma, poi, la società ebbe problemi economici e, così, tornò a casa venendo ingaggiato dalla Morrone. Era bravo mio fratello. Di quel giorno ho l’immagine fissa dell’arrivo dei carabinieri: bussarono alla porta dicendoci che aveva avuto un incidente. Scoprimmo, dopo mezz’ora, che non era vero». L'articolo completo è disponibile sull'edizione cartacea e digitale      

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