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Cosenza, confermata la revoca di licenza all'imprenditore di una società di giochi e scommesse della provincia per sospette infiltrazioni criminali

La Questura ha il potere di revocare una licenza per la commercializzazione di giochi pubblici in caso di sospette implicazioni in attività criminali. A stabilirlo è la sentenza del Consiglio di Stato in merito ad una causa che ha coinvolto un imprenditore della provincia di Cosenza - proprietario di una società attiva nel settore giochi e scommesse - contro la Questura della Provincia di Cosenza, a seguito della revoca delle licenze per la commercializzazione di giochi pubblici.

Il provvedimento della Questura è stato adottato dopo la scoperta di elementi che porterebbero a pensare ad un coinvolgimento dell’appellante con la criminalità organizzata. Di fatti, un primo ricorso presentato dal ricorrente era stato già respinto dal Tar Calabria con una sentenza del 2022. Nella sentenza del Consiglio di Stato si legge, al tal proposito, che il decreto del questore inerente la revoca delle licenze “valuta la complessiva situazione, evidenziando l’emersione di circostanze che lasciano trasparire che il predetto titolare delle licenze abbia prestato acquiescenza ai tentativi di avvolgimento mafioso ed abbia, conseguentemente, consentito che la propria impresa fungesse da strumento di penetrazione mafiosa nel settore dei giochi pubblici, concludendo che il detto titolare non è persona affidabile in relazione alle specifiche autorizzazioni ottenute e non è in possesso del requisito della buona condotta”.

Secondo quanto emerso nel corso della causa, la Questura ha revocato le autorizzazioni sulla base di circostanze ritenute rilevanti tra cui frequentazioni con soggetti con gravi precedenti penali, frequentazione documentata presso l’abitazione di un presunto capo clan e situazioni che lascerebbero intendere la presenza di un possibile prestanome che potrebbe favorire l’ingresso di infiltrazioni mafiose nel settore giochi. I fatti emersi e documentati dalla Polizia durante le indagini hanno condotto il Consiglio di Stato a confermare la revoca applicata dalla questura della provincia di Cosenza: “Il provvedimento è fondato non soltanto sulla plausibile ipotesi dell’interposizione fittizia di persona, ma anche sull’accertata mancanza del requisito della buona condotta ricavabile da una serie di frequentazioni fortemente controindicate riguardanti il ricorrente che sono state oggettivamente riscontrate e debitamente documentate”.

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