
Trent’anni sotto usura. Francesco Occhiuzzi, 62 anni, imprenditore nel settore dello spettacolo e noto conduttore televisivo, ha denunciato e fatto arrestare una coppia, Franco Pinto e Cinzia Maritato di Cetraro, svelando agli investigatori d’aver pagato centinaia di migliaia di euro dopo aver ricevuto un prestito privatamente. Il conduttore ha pure raccontato di aver subito minacce e aggressioni esercitate dai “finanziatori” per ottenere il pagamento di interessi mensili da capogiro. Denunciare non è stato facile, considerato che Occhiuzzi era finito negli anni scorsi sotto processo e poi assolto perchè la Dda di Catanzaro gli contestava di aver consentito a una società vicina al clan cetrarese dei Muto di controllare i servizi di sicurezza in occasione dell’organizzazione di alcuni grandi spettacoli. Forse, più che correo dei clan, il conduttore era probabilmente la vittima d’un consolidato sistema mafioso. Ora la presa di coscienza e la denuncia. Per un uomo pubblico, quotidianamente in tv, vivere “protetto” e continuare a lavorare rischia di rivelarsi complicato. È per questo che gli abbiamo posto alcune domande.
Occhiuzzi, anni e anni di sofferenza: come ha resistito e perché è rimasto così a lungo in silenzio?
«Ero paralizzato dalla paura. Il tempo passa. Il “vortice” resta. Oggi con il senno di poi penso che se l’avessi fatto subito avrei evitato anche le sofferenze dei miei cari e risparmiato umiliazioni, sottomissione, minacce e non avrei dilapidato un patrimonio. Ho vissuto anni bui, pieni di sconforto, desolazione, vergogna, sfiducia, angoscia privazioni e sacrifici e mentre cercavo di indossare una maschera per andare in tv a fare il mio lavoro, non ero mai concentrato per sfruttare appieno le mie capacità lavorative, il pensiero costante per 30 anni era sempre lo stesso: il cravattaio, l’usuraio, il criminale, sempre li dietro l’angolo, pronto ad aspettarti per incassare. C’è stato un periodo in cui pagavo addirittura ogni 2 giorni (il 2,il 4, il 6……). Era capace di moltiplicare gli interessi arrivando a cifre astronomiche pari al 360% all’anno. Per pagare e per paura delle minacce, per non fallire e per non essere detto che non ero capace di gestire da chi non poteva sapere ho anche venduto diversi immobili. L’usura è come un cancro, non sei malato fisicamente ma la tua anima è gravemente malata».
Cosa l’ha spinta a denunciare tutto?
«Dopo una lunga riflessione, durata tre anni, sono giunto alla determinazione che non potevo più farcela, che non ci sarebbe mai stata una fine. Ho cominciato a pensare che stare in loro schiavitù o essere ammazzato sarebbe stata la stessa cosa. Mi sono accuratamente documentato attraverso interviste sul web di altre vittime e soprattutto, ho fatto visita alle associazioni antiracket e ho cercato di capire meglio, attraverso alcune chiacchierate con vittime del passato che avevano denunciato. Dopo tre anni di preparazione, ho deciso di andare nella direzione della legalità, pensando anche al fatto che se avessi continuato in direzione opposta anche io sarei stato un “complice”. Era come se mi sentissi sporco, come se stessi commettendo un reato, solo per salvarmi la vita, ma al contrario me la stavo rovinando. È un vortice dal quale non esci più, anche se paghi. Sei schiavo».
Ha trovato conforto e risposte nello Stato?
«Certamente. Ho scoperto una grande famiglia con in testa un grande professionista con una grande umanità, il Procuratore capo della Repubblica di Paola, Domenico Fiordalisi, il quale mi ha messo subito a mio agio dandomi sicurezza, conforto, tempestività e… per la prima volta da molto tempo mi sono sentito capito. In quella stanza nessuno mi stava giudicando. Sicuramente le persone che ho incontrato in quell’ufficio sanno fare bene il loro lavoro e sanno che sono una vittima, sanno che posso aver commesso un errore ma che il criminale, quello da condannare, è un altro. E ho incontrato una grande disponibilità e straordinarie capacità nelle forze dell’ordine, in maniera particolare nella Guardia di Finanza, nella fattispecie la Tenenza di Cetraro».
Come continua, adesso, la sua vita?
«La mia vita è cambiata sicuramente, non è la stessa di prima, non potrò fare le stesse cose ma in compenso ho riacquistato la serenità».
Ha paura?
«Razionalmente no. Sono sottoposto a misure di protezione straordinarie sia io che la mia famiglia su disposizione del Prefetto di Cosenza».
Consiglierebbe ad altre vittime di denunciare?
«Sono vittima di usura, di estorsione e di minacce e ne conosco ogni passaggio e ogni sfaccettatura e ogni volta rivivo un qualcosa che mi ha colpito e lasciato piaghe indelebili, per questo ho deciso di non tacere ma di raccontare e spiegare alle vittime di denunciare sempre. Resterò sempre a disposizione di tutti, creerò una associazione Nazionale antiusura e antiracket, insieme ad altri amici che mi sono stati vicino e saremo a disposizione mettendo consulenti ed esperti che aiuteranno chi come noi vorrà stare con lo Stato e saremo vicini a chi avrà bisogno di consigli, invitando tutti ad aver fiducia nelle istituzioni perchè vincere l’usura si può, vincere l’usura si deve. Questo messaggio lo porteremo dappertutto: nelle piazze e nelle sede istituzionali in tutta Italia».

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