Non è mai troppo tardi. L’arcivescovo Giovanni Checchinato ha detto a “Repubblica”: «Appena ne avrà le forze, padre Fedele potrà tornare a celebrare messa in pubblico: avrà il mio permesso». Una buona notizia ma inutile. Il frate sta lottando con tenacia da giorni in una camera dell’Inrca. Forse, avrebbero dovuto concedergli di dire Messa in tutti questi anni quando lo chiedeva: era accusato ingiustamente d’un reato infamante e l’assoluzione era stata piena e definitiva. Perché non è stato riabilitato? Voleva solo celebrare l’Eucarestia, nulla di più. Un desiderio non esaudito.
Il sindaco Franz Caruso ieri si è recato in visita dal frate. «Sono andato da padre Fedele, da amico e da sindaco, prima ancora che da avvocato che ne assunse la difesa sostenendola con forza perché basata su atti concreti e solidi. Tant’è che la giustizia dei tribunali lo ha assolto come uomo, come sacerdote, come il francescano umile e semplice qual è - ha sottolineato Franz Caruso - sono andato da lui per accarezzarlo, per testimoniargli i sentimenti di un affetto e di una vicinanza profonda e sentita, anche a nome della sua città e di tutti i cosentini, soprattutto di quelli più fragili e disagiati, per i quali è riuscito a realizzare opere di solidarietà e di sostegno concreto, che rappresentano, a tutti gli effetti, monumenti di civiltà materiale ed immateriale. padre Fedele - ha aggiunto il sindaco Franz Caruso - è amato da tutti. In lui abbiamo sempre riconosciuto un uomo di altissima fede vissuta con sincerità e spontaneità per le strade della città».
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