Assoluzione per infiltrazioni mafiose a Rende: l’ex giunta Manna scrive al presidente Mattarella e al ministro Piantedosi
Gli ex amministratori comunali di Rende hanno inviato una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, con l’obiettivo non solo di richiamare l’attenzione sulle conseguenze dello scioglimento del Consiglio comunale, disposto il 27 giugno 2023 per presunte infiltrazioni mafiose, ma anche di sollecitare un’assunzione di responsabilità da parte delle alte cariche dello Stato. Un provvedimento che, alla prova dei tribunali, si è rivelato privo di fondamento: l’assoluzione piena, “perché il fatto non sussiste”, ha infatti ristabilito la verità, certificando l’inconsistenza delle accuse. Ma nel frattempo — denunciano gli ex amministratori — il danno per la comunità e per la credibilità delle istituzioni è stato enorme. Il ricordo di quella stagione resta inciso nella memoria: primo settembre 2023, alle tre del mattino, la notte squarciata dalle sirene, gli elicotteri, tutte le forze dell’ordine mobilitate — carabinieri, polizia, guardia di finanza — come per stanare una banda di pericolosi malfattori. «Invece era la nostra città, i suoi amministratori, la sua democrazia ad essere travolta», sottolineano. Nella lettera indirizzata al Quirinale e al Viminale si afferma: «Con il decreto che ha disposto lo scioglimento, la sovranità popolare della nostra comunità è stata sospesa, interrompendo la legittima rappresentanza democratica di una collettività che ha operato con impegno, trasparenza e dedizione». E ancora, si evidenzia: «La prevenzione non può sostituire la giustizia, né la rapidità amministrativa può calpestare i diritti politici delle comunità». Gli ex amministratori lanciano poi un messaggio alla politica: «In questa nostra terra assistiamo troppe volte all’uso della scure giudiziaria come strumento per abbattere i propri competitor. Un simile metodo non solo indebolisce la democrazia, ma la avvelena alla radice». Infine, un richiamo diretto alle istituzioni: «Lo Stato deve saper difendere i territori dalla mafia, ma deve anche saper riconoscere e correggere i propri errori, restituendo dignità a chi è stato ingiustamente travolto». E si ribadisce: «La credibilità della Repubblica, il rispetto della Costituzione e la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni dipendono dalla capacità dello Stato non solo di agire con fermezza, ma anche di riconoscere i propri errori, correggerli e tutelare, senza eccezioni, ogni forma di rappresentanza democratica».