Capita, a volte, che un luogo scelto per provare uno spettacolo - i BoCsArt di Cosenza, il più grande spazio creativo di residenze d'Europa lungo il fiume Crati - diventi perfetta ambientazione per la narrazione. Intimo, privato, uno spazio in cui parole e pensieri vengono offerti al pubblico attraverso lo schermo di un vetro e risuonano grazie a delle cuffie.
Una visione solo apparentemente privata capace altresì di sollevare una riflessione comunitaria. “Lo psicopompo”, scritto, diretto e interpretato da Dario De Luca in scena con Milvia Marigliano, (suono Hubert Westkemper, una produzione di Scena Verticale, col sostegno di Cosenza Cultura e BoCs Art Residenze D'artista) è stato proposto in anteprima nazionale - debutterà poi al Napoli Teatro Festival il 15 - durante il festival “Primavera dei Teatri” che la compagnia organizza da vent'anni a Castrovillari, con la preziosa e lungimirante direzione artistica di De Luca e Saverio La Ruina e quella organizzativa di Settimio Pisano, attorniati da uno staff (professionalità per lo più calabresi) capace ed entusiasta.
Un'edizione particolarmente ricca e positiva quella appena conclusasi - 23 compagnie, 14 debutti, 2 in anteprima nazionale assoluta, 9 artisti stranieri - non semplice vetrina per compagnie del panorama teatrale contemporaneo ma osservatorio privilegiato delle istanze del presente, scandagliato nelle sue storture e bisogni da spettacoli dal forte impatto emotivo.
Come “Lo psicopompo”, ovvero il traghettatore delle anime nell'aldilà. Ambientato in un luogo freddo e asettico come le esistenze dei protagonisti, con una parola affilata e un sottofondo musicale che ne acuisce umori e sentimenti, “Lo psicopompo” indaga quella volontà di morire non in presenza d'una malattia terminale ma di un male di vivere che spegne palpiti e desideri. Un tema fortemente politico e profondamente umano quello affrontato con delicatezza e pudore da De Luca, calato sui corpi di un uomo e di una donna, un infermiere che aiuta in maniera clandestina malati terminali al suicidio assistito e una professoressa in pensione, legati da un particolare rapporto affettivo, portatori di un immenso disagio e di una straziante malattia dell'anima.
Perché per combattere dolore, solitudine, vuoto, sconfitte a volte si può “scegliere” la morte, come nello spettacolo decide di fare la donna splendidamente tratteggiata nel suo tormento da Milvia Marigliano. La casa/vetrina diventa luogo dell'incontro verbale tra i due, delle rivendicazioni e delle contrattazioni, tra parole, bisbigli, passi, respiri, sino al silenzioso epilogo.
Un gioco dichiaratamente teatrale quello proposto invece dalla compagnia Carullo-Minasi. Non più coppia in scena, Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi con “Patruni e Sutta- peripezie della libertà e dell'illibertà”, adattamento da “L'isola degli Schiavi” di Marivaux, condividono uno scarno spazio con Monia Alfieri e Gaspare Balsamo che impreziosisce con l'arte del cunto una narrazione lungo la dialettica servo e padrone. Due coppie a seguito di una tempesta approdano su un'isola dove una legge prescrive lo scambio dei rispettivi ruoli per tratteggiare un'utopia: nell'altro è sempre contenuta una parte di noi.
La condizione umana, tra emarginazione, isolamento, marginalità è pure il filo conduttore dell'ultimo intenso giorno di “Primavera”, col debutto della compagnia romana Bartolini/Baronio con “Tutt'intera” del francese Guillaume Poix che indaga la figura della fotografa Vivian Maier, ancora in gran parte avvolta nel mistero, un'identità persa e segreta rinchiusa in 150 mila negativi perché «una persona è un'ombra entro cui non riusciamo mai a penetrare».
Potente, visionario “In Exitu”, che segna il ritorno di Roberto Latini - musiche e suono di Gianluca Misiti - al festival di Castrovillari, con in anteprima lo spettacolo ispirato all'omonimo romanzo di Giovanni Testori. L'uscita di scena di un tossico degli anni '80 in una grigia Milano, traballante su uno spazio scenico occupato da materassi e cinto da teli bianchi, attraverso un gioco linguistico tra dialetto lombardo, italiano, sussurri e suoni distorti per un grido straziante di dolore e solitudine.
È stata, invece, la lingua palermitana della compagnia “Sutta Scupa”, con “Miracolo”, scritto e diretto da Giuseppe Massa, a chiudere la ventesima edizione di Primavera. In scena lo straniamento di due fratelli becchini, Bernardo (Gabriele Cicirello) e Antonio (Paolo Di Piazza) che devono trovare sepoltura ad un naufrago accompagnato sulla scena da una Madre nera il cui corpo si trova si trova in una bara. Al cimitero non c'è posto e i due s'interrogano su come risolvere la questione per poi cadere sfiniti a terra. Il testo nasce dall'esperienza della residenza drammaturgica di Mandanici “Write 2016” per riflettere sulle migrazione e sulla progressiva disumanizzazione della nostra società.
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