La moglie guarda la tv, stanno dando “Secondo Amore” di Douglas Sirk. Il marito arriva, prende il telecomando e cambia canale, sintonizzandosi su Paolo Bonolis. In questa scena di “Hammamet”, il film scritto e diretto da Gianni Amelio e magistralmente interpretato da Pierfrancesco Favino, c'è superbia, orgoglio, arroganza. O, semplicemente, Bettino Craxi. Del segretario del Psi dal 1976 al 1993, nonché premier dall'83 all'87, l'acclamato regista calabrese (“I ragazzi di via Panisperna”, “Il ladro di bambini”, “La tenerezza”) racconta, a 20 anni dalla morte del leader del partito dei garofani rossi, gli ultimi sei-sette mesi; quelli vissuti, a seconda delle prospettive, in esilio o in latitanza nella leggendaria località tunisina dove si ritirò, a seguito di Mani Pulite, a partire dal maggio 1994 fino, appunto, al gennaio 2000.
Lo stesso Amelio, che nel '94 girava uno dei suoi più grandi successi, “Lamerica”, lo incontriamo a Cosenza, la città dove di recente si è costituito un comitato per l'intitolazione di una via a Craxi e pure quella del leone socialista Giacomo Mancini, dalla cui deposizione, davanti ai pm Davigo e Di Pietro, prese avvio l'iter per il primo avviso di garanzia a «Monsieur le President».
Prima della proiezione della pellicola al Citrigno, promossa da Società CGC in collaborazione con 01 Distribution e Rai Cinema, il maestro esordisce così: «Tramite la vicenda di Craxi, ho voluto raccontare cosa significa, per un uomo di potere, la caduta. Non ho usato nomi (nel film, co-sceneggiato da Alberto Taraglio, il nome di Bettino Craxi non viene mai usato, ndc) proprio perché ho fortemente desiderato dar vita a una storia universale».
Gli chiediamo se “Hammamet” possa essere considerato un film sulla paternità, dove i figli pagano le colpe dei padri. «È certamente così - risponde - . Ora non so fino a che punto i figli paghino le colpe dei padri, ma senza dubbio a questi figli rimangono impresse sulla pelle le vicende che hanno caratterizzato le vite dei propri genitori. Ecco, a tal proposito mi sono ispirato al Re Lear di Shakespeare, al rapporto tra Re Lear e la più cruda della figlie, Cornelia: una donna che ama il padre incondizionatamente, senza cedimenti e facendogli sempre capire quali siano i suoi difetti».
Di “Hammamet”, dove recitano anche Renato Carpentieri, Luca Filippi, Livia Rossi e Claudia Gerini, mentre Nicola Piovani è l'autore delle musiche, a colpire principalmente è Favino; motivo per cui ad Amelio si perdona persino qualche scena di troppo sul finale. E il regista, che nel 2004 lanciò l'attore con “Le chiavi di casa”, conferma: «Io credo che senza Pierfrancesco non avrei mai potuto girare il film; è lui il motore di tutto e non solo per il trucco che lo ha reso così somigliante al segretario del Psi (l'attore si è sottoposto a 5 ore di trucco quotidiano, ndc) ma, soprattutto, per il gran lavoro che ha fatto sui gesti, sui piccoli movimenti, sulla voce. C'è un aneddoto su questo punto. L'antico, e cioè il vero, autista di Craxi, una volta incontrato Favino post trucco, è rimasto impietrito. Abbiamo avuto davvero paura che svenisse».
Mentre Gianni Amelio racconta e si lascia andare anche a ricordi d'infanzia, trovandosi nella sua terra («Mio padre dovette abbandonare la Calabria per migrare in Argentina e io lo seguii ma andai a Roma per inseguire i miei sogni», dice), la sala è stracolma. Non mancano selfie, sorrisi, decise strette di mano. E la promessa di rivederci.
«Sto già lavorando a un altro film - conclude - , non posso dire più nulla se non che lo vedremo a Cosenza».
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