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Medicina a Cosenza, il triplice fischio di Occhiuto chiude il derby delle Università

Il governatore valuta l’istituzione della Facoltà di Medicina all’Unical una «cosa buona»

Un popolo intero vorrebbe fuggire da un destino in cui la sanità si avvita alla quotidiana sofferenza per un posto letto che non si trova e un medico che non c’è. Una sistema di cure che resta una vertigine di paura dentro ospedali svuotati dentro e fuori da tredici anni di commissariamento. Uno scenario che si è lasciato alle spalle polvere di macerie. Non è rimasto niente in cui credere, niente in cui sperare. E in mezzo a quegli avanzi del nulla, il governatore Roberto Occhiuto cerca ciò che rimane di ospedali e medici su cui rifondare una fiducia che non c’è più. «Ho raccolto una sanità in macerie. I calabresi non possono curarsi e vanno fuori dalla Calabria, in altre Regioni, nelle quali poi magari trovano professori universitari che sono medici calabresi che lavorano altrove o specializzandi di questa nostra regione che lavorano altrove. E poi noi in Calabria abbiamo il sistema sanitario che tutti conosciamo. In Calabria, con le macerie che abbiamo nella sanità, più competenze riusciamo a seminare, più professori universitari abbiamo nei nostri reparti, più specializzandi abbiamo, e meglio è».
Il governatore-commissario si affanna per impedire che la sanità resti creatura sterile e venga meno ai suoi doveri costituzionali. «Io non so dove andare a prendere i medici, dunque se c’è la possibilità di avere più medici e più specializzandi perché ci sono più Facoltà di Medicina, questa è una buona cosa».
L’idea di generare professionalità a chilometro zero sembra una grande opportunità per risollevare il dramma della carenza dei medici che non consente ai cittadini d’avere risposte immediate. «A Cosenza, da 20 anni si parlava dell’istituzione della Facoltà di Medicina, e nessuno aveva fatto mai niente. Io ho semplicemente accompagnato un progetto nato per impulso del rettore Nicola Leone, perché sono convinto che più Facoltà di Medicina, se lavorano insieme ma in competizione tra loro, migliorano la qualità dell’offerta formativa e soprattutto seminano più competenze in un sistema sanitario che ha bisogno di mettere al centro del suo interesse il diritto alla cura dei calabresi e non le lotte di campanile».

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