«Il principio di avventura mi permette di fare esistere la Fotografia» scriveva Roland Barthes. E per avventura intendeva non solo interesse per l’oggetto, per il paesaggio, per il corpo da raffigurare, ma «quell’agitazione interiore, quella pressione che vuole esprimersi, nel senso che la tale foto mi avviene, la talaltra no, che mi anima e io la animo. E questo è appunto ciò che fa ogni avventura». La stessa avventura di Fotografia Calabria Festival, seconda edizione del festival diffuso di fotografia in Calabria, ideato e fondato da Anna Catalano, calabrese di Paola ma romana di adozione, e dall’Associazione Culturale “Pensiero Paesaggio”, da lei costituita per la gestione organizzativo-amministrativa del festival.
Inaugurato lo scorso 21 luglio e da vivere sino al 20 agosto a Fiumefreddo Bruzio (già sede della prima edizione) e a San Lucido, storici centri del basso Tirreno cosentino animati da mostre, talk (come «Fotografia e Intelligenza Artificiale. Cosa sta cambiando?») e laboratori, Fotografia Calabria Festival è un unico grande occhio attraverso il quale guardare il mondo, quest’anno con “Il cambiamento”, declinato dalle opere di diversi fotografi internazionali, ognuno dei quali con un approccio originale al tema in oggetto.
Ne è orgogliosa la Catalano: «Coinvolgendo quest’anno anche il comune di San Lucido mi piacerebbe che il festival diventasse col tempo il riferimento fotografico in Calabria. Abbiamo dieci mostre, cinque a San Lucido e cinque a Fiumefreddo. Quella che è a San Lucido, nel chiostro di un antico convento di frati cappuccini ora sede del Comune, è una mostra commissionata, inedita, sulla comunità e per la comunità di San Lucido». Si tratta, come ci spiega ancora, del progetto di ricerca site-specific curato due giovani fotografi di Vaste Programme, Giulia Vigna e Leonardo Magrelli, realizzato in esclusiva su invito di Fotografia Calabria Festival 2023: tema, “Gli aspetti familiari”, che ha coinvolto la comunità di San Lucido per «una riflessione sulle trasformazioni e sui cambiamenti dell’identità collettiva e individuale all’interno di una comunità, attraverso la sperimentazione visiva e tecnologica».
Le foto di partenza con le vecchie tecniche della fotografia analogica a colori vengono scomposte per mezzo dello scorporamento di lastre di colore e poi nuovamente sovrapposte con esiti suggestivi in cui i tratti somatici comuni hanno colori verosimili, quelli diversi sono colorati di magenta, verde, blu e rosso. Un linguaggio visivo nuovo, perché, come affermano la Catalano e Cosimo De Tommaso, sindaco di San Lucido, «questa è una Calabria che ha voglia di credere in progetti culturali più contemporanei, che ama appoggiare progetti indipendenti perché tutti gli sponsor, industrie, aziende e anche Poste Italiane di Roma lasciano grande libertà nella scelta delle tematiche, dei fotografi e delle iniziative».
È bello immergersi per le strade antiche dei due borghi e vedere come il festival, mentre premia concretamente l’impegno di tutti, ha valorizzato anche spazi dimenticati o abbandonati che sono diventati le sedi delle mostre. E per la prima volta in Calabria è arrivato al Castello di Fiumefreddo Bruzio l’Istituto Luce Cinecittà che porta un suo progetto espositivo realizzato da Archivio Luce Cinecittà, “Anni Interessanti”, a cura del sociologo esperto di Audiovisivo e Media Enrico Menduni, per osservare i grandi cambiamenti sociali, economici e culturali tra il 1960 e il 1975.
Ma nei due centri sono arrivati fotografi internazionali contattati direttamente dalla Catalano, altri hanno partecipato da remoto in videoconferenza con l’Università di Cosenza (Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, corso di studi in Media e Società Digitale), da quest’anno partner del festival, come l’austriaco Klaus Pichler e il suo «The petunia’s carnage», lavoro sulla “strage delle petunie” che fa riflettere sulle conseguenze degli interventi di ingegneria genetica sulla biodiversità. Insieme a lui, tra i due Comuni, a condividere una grammatica dell’immagine come principio etico per tenere vivo il modo umano di “vedere”, altre mostre come «Cora’sCourage», della argentina Gabo Caruso, che racconta il viaggio di transizione sociale della piccola Cora, primo caso di bambina transgender in Spagna; «Island Simmetries» dell’inglese Laura Pannack, che mostra i parallelismi tra giovani che vivono ai lati opposti del mondo; «Wooden Diamonds-Identity Resilience in the Italian olive treeepidemic» del documentarista italiano Filippo Ferraro, che narra la storia dell’epidemia di xylella che ha colpito gli ulivi in Salento, la collettiva di Climate Visuals, l’unico programma al mondo di fotografia sul cambiamento climatico basato su dati scientifici, gestito da Climate Outreach, presente con «Ocean Visuals», una raccolta di immagini su oceani e coste, lanciata in occasione della COP27.
E, ancora, «The art of aging», della canadese Arianne Clément, che ferma in bianco e nero il cambiamento legato al tema del corpo; e «TikTok in Kham» del tibetano Xiangyu Long, che indaga la metamorfosi delle identità di gruppo nell'ambito della globalizzazione e dell'omologazione, e «Far South» di Michele Martinelli, progetto ambientato sugli altopiani della Sila, seguendo gli allevatori di podolica.
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