Lettere dell’epoca bellica, mai consegnate ai destinatari. O forse no: una pila di missive scritte dai soldati italiani stipata nel cassetto di un collezionista. O, ancora, cosa? Un malloppo di carte vergate con grande circospezione – guai a scrivere qualcosa che, nel pieno della Seconda Guerra mondiale, potesse urtare la “sensibilità” del regime fascista o, peggio, svelarne le strategie – e indirizzate verso una sposa, un familiare, un amico. Di qualunque cosa si tratti, quel materiale rappresenta l’unico pungolo per ‘Accio’, protagonista del romanzo “Lettere minuscole” scritto dall’insegnante e autore, Claudio Dionesalvi. ‘Accio’ (diminutivo di pagliaccio), appunto, è il protagonista della storia, e s’imbatte in questi ‘reperti scritti’ risalenti alla Seconda Guerra mondiale proprio nel momento in cui sta vivendo la sua – di guerra – col mondo: è reduce da un gravissimo lutto, e quell’‘incontro’ quasi casuale gli restituirà il coraggio di reagire e di presentarsi agli Esami di stato con una motivazione in più. Del mondo di ‘Accio’ fa parte anche... l’autore, insegnante del protagonista. Una sorta di narratore onnisciente che compare all’inizio del romanzo e poi nella parte finale.
Le lettere – dicevamo – coprotagoniste a tutti gli effetti della storia, ma non meno di Ariella, “amica” speciale dello studente prossimo alla Maturità. O di Lorena, anziana insegnante della scuola che fu, ma non per questo meno al passo con i tempi (e con la tecnologia) rispetto a un ragazzo di 18 anni. Sarà proprio lei ad aprire il “fronte bellico” nella mente di “Accio”, raccontandogli di come l’amore – a quei tempi – viaggiasse a un ritmo diverso ma non per questo meno intenso; parlandogli di se stessa, ma anche del leggendario Mugnune, instancabile portalettere che sfidava i venti di guerra e le bombe per portare a termine il proprio dovere e, probabilmente, anche per amore della sua Maria. Già, ma quelle lettere, stipate nel cassetto, perché non erano mai arrivate? La soluzione giungerà in fondo, nonostante il protagonista del romanzo ce l’abbia costantemente sotto gli occhi.
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