
«Sono più emozionato adesso che quando sono salito sul palco a Sanremo. Grazie, grazie, grazie e grazie. È stato incredibile tutto, soprattutto l’affetto che ho ricevuto e questo senso di appartenenza che non c’entra niente col campanilismo ma è un sano desiderio di rivalsa. E sono felice di essere stato tramite di questa cosa, grazie di cuore».
Stavolta iniziamo dalla fine. E riportiamo il saluto con cui un visibilmente emozionato Dario Brunori si è congedato dalle folle di fan accorse all’Anfiteatro Tau dell’Università della Calabria (all’interno e all’esterno), ieri mattina.
Ma torniamo alla cronaca. E partiamo dall’inizio. Dalla moltitudine di persone che attendono l’arrivo di Brunori per l’incontro con il pubblico e con la stampa, organizzato dopo la sua esperienza sanremese e prima della partenza del Tour 2025. Il mormorio alza i toni. È il segnale evidente che annuncia l’arrivo del cantautore cosentino. Consueto maglioncino a pelle, immancabile occhialino e un aspetto dimagrito: «Sei mesi di dieta – ricamerà lui poco dopo, simpaticamente tronfio – l’Italia mi ha conosciuto magro, incredibile… Dopo anni di panza anche questa è una grande cosa!». Una battuta tra le tante. Per ricordare a tutti che, al di là dei riflettori, rimane il cantautore della porta accanto, quello che sa strappare sorrisi con boutade e saggezza senza fronzoli.
Il clima dell’anfiteatro è carico di un’atmosfera intima e partecipativa, lontana dalle solite cerimonie televisive. Il pubblico accoglie Brunori con applausi spontanei, quasi a voler confermare che «il successo non si misura solo in numeri», come lui stesso ironizza durante l’incontro. «La Calabria ha riscoperto, o forse confermato, l’amore che nutro per lei» - dichiara, lasciando trasparire quell’affetto genuino che da sempre caratterizza il personale rapporto con la sua terra.
Inizia il racconto, l’esperienza di Sanremo. Sottolinea come il terzo posto – insieme al premio per il miglior testo e al primo posto nella classifica stilata dalle radio e dalla sala stampa dell’Ariston – abbia rappresentato un trionfo inaspettato. «Avrei voluto primo, secondo, terzo, tutti – ma poi, alla fine, sono contento perché la mia canzone ha portato il suo messaggio». Gigioneggia, suscitando risate e applausi. La sua voce, calda e vibrante, risuona tra le mura dell’anfiteatro, e l’incontro si trasforma in una sorta di piccolo spettacolo teatrale.
Brunori lascia poco spazio alla retorica convenzionale. Con un tono schietto e disincantato, ammette di aver affrontato Sanremo con un animo «più alleggerito» consapevole del rischio di essere travolto dalla frenesia del grande palcoscenico. «Non ero sicuro che il mio tono potesse essere accolto in un contesto dove si premiano le immagini sgargianti» - confessa, facendo emergere la sua preoccupazione per una realtà mediaticamente polarizzata. Eppure, il risultato ha sorpreso tutti: la sua proposta cantautorale, autentica e non patinata, è stata premiata non solo dalla critica ma anche dal pubblico, che lo ha riconosciuto come portatore di una voce diversa, più sincera e riflessiva.
Eppoi c’è quel senso di famiglia che non manca mai di evidenziare e quel rimanere sempre sé stessi: «Un’altra cosa che mi ha reso felice è stato vivere questa avventura con tutta la famiglia, quella reale e quella allargata dei musicisti che mi hanno accompagnato, da Stefano Amato e Mirko Onofrio, che hanno diretto, che sono pure loro figli della Calabria, ai ragazzi della band che erano con me venerdì, Massimo Palermo, Dario Della Rossa e Simona Marrazzo. E poi Riccardo Sinigallia, Antonio Dimartino. È stata veramente una celebrazione e sono felice di essere uscito esattamente come sono sempre stato. E che il contesto non ha intaccato il mio modo di essere, anzi forse addirittura l’ha amplificato».
A margine delle serate festivaliere, non poteva mancare l’accenno alla polemica che ha scatenato un dibattito accesissimo sui social in questo ultimo scorcio di settimana. La partecipazione “dimezzata” a Domenica In, dove Mara Venier non è rimasta tantissimo a parlare con Brunori. «Penso che lì sia stato un mix di cose – dichiara beatamente – perché c’era una grandissima fretta. Si è sgomitato un po’ dietro le quinte e credo che abbiano deciso di liberarmi prima anche per questo. Del resto, non sono un personaggio televisivo. Non ho molti appigli televisivi. E loro fanno audience con delle storie che io non ho. Soltanto questa è stata la causa della mancata intervista, non credo ci sia stata una cattiva intenzione». «Non sono interessato alla televisione, alla popolarità tout court» - sottolinea, lasciando intendere che, nonostante il successo, il suo vero interesse è sempre stato quello di raccontare la vita, le storie, le emozioni in modo genuino e, perché no, un po’ ribelle.
Così, si è arrivati a parlare del Tour imminente in palcoscenici iconici come il Circo Massimo di Roma, l’Arena di Verona e, con un tocco di intimità tutta calabrese, il Teatro dei Ruderi di Cirella. «Il tour non è solo una serie di date, ma un percorso di vita in cui ogni città diventa un capitolo di una storia in continua evoluzione» - dice con quella risata tipica che, secondo molti, rende ogni sua performance un’esperienza unica. Un momento particolarmente emozionante è stato il saluto finale, durante il quale Brunori ha improvvisato una performance all’esterno dell’anfiteatro. Per accontentare anche tutto il pubblico – un delirio di studenti – rimasto fuori senza posto. Con microfono e chitarra in mano, ha cantato “L’albero delle noci”, “La verità” e “Guardia 82”.
In un’epoca in cui il successo spesso si misura in voti e numeri, ieri, Dario Brunori ha ricordato a tutti che il vero valore di un’artista sta nella capacità di trasmettere emozioni e di far sentire, anche per un breve istante, che il mondo può essere un luogo più autentico e meno superficiale. Così, mentre il cantautore si prepara per il tour, ha riabbracciato città e stampa, con la sua ironia raffinata, il suo spirito indomabile, e la facilità con cui, anche stavolta, è riuscito a trasformare una conferenza stampa in un evento memorabile.
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