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Cosenza, baristi e ristoratori ormai ridotti quasi in povertà

Gli operatori di settore lamentano gli effetti del coronavirus e la mancanza dei promessi sostegni economici

Un disastro economico. A Cosenza ristoratori e titolari di bar appaiono stremati dalle restrizioni imposte dalla rigida normativa approvata per fronteggiare la pandemia. Le proteste, in questi mesi, si sono susseguite senza tuttavia sortire gli effetti sperati. I fondi promessi non sono arrivati e le speranze sono andate deluse. Giovanna Mirabelli, titolare d’un bar rinomato su corso Mazzini, è stata protagonista di manifestazioni di dissenso eclatanti: s’è incatenata davanti al suo esercizio e, in un’altra occasione, fintamente spogliata. Alla esercente è stato proprio ieri assegnato un riconoscimento da “FenImprese” per «aver più volte rappresentato con tenacia e caparbietà di chi vive di lavoro”. La Mirabelli spiega a Gazzetta come sono andate le cose negli ultimi mesi: «Scattato il lockdown di marzo abbiamo avuto due contributi da 600 euro ciascuno; a maggio pensavamo di poter accedere a somme a fondo perduto e non abbiamo avuto niente; a novembre è scattata la zona rosa e siamo stati costretti a lavorare per l’asporto ed a chiudere alle 18: avremmo dovuto avere 7000 euro a fondo perduto ma non è arrivato nulla; il 4 dicembre hanno annunciato i “ristori bis” ma non abbiamo avuto niente; a gennaio stessa cosa.

Attività rase al suolo

Morale della favola, le piccole e medie imprese sono state rase al suolo. Centinaia di partite Iva si stanno spegnendo. Pensate» aggiunge la Mirabelli «al mancato incasso derivante per l’assenza di manifestazioni come la Festa del cioccolato, la Festa di San Giuseppe, il blocco di Pasqua e quello di Natale. Queste erano occasioni che ci davano ossigeno economico per i mesi successivi. Abbiamo avuto quest’anno incassi pari al 30 per cento rispetto a quelli del novembre, dicembre e gennaio del 2019. La mia attività ha perso 100.000 euro. Eppoi nessuno ci ha aiutato con i canoni di locazione, la dilazione del pagamento dell’energia elettrica: a noi non serve credito d’imposta, serve la disponibilità di liquidità che non c’è stata. Va tenuto conto, poi, della svalutazione delle nostre attività: quanto valeva 100 oggi vale 20, è un disastro».

Ma quali potrebbero essere le soluzioni da suggerire al Governo?

«Intanto» chiarisce Giovanna Mirabelli «prevedere un rimborso del 70 o 80 per cento del fatturato del 2019 come stanno facendo in Germania; la rottamazione tombale delle tasse del 2020 e la erogazione urgente della cassa integrazione ai dipendenti che invece non è stata ancora erogata. Poi, l’apertura di bar e ristoranti fio alle 23 con ingressi in sicurezza proporzionati alla metratura dei locali. Ciò ci aiuterebbe a tamponare i danni ricevuti. Come strategia ulteriore di rilancio vedrei con favore la cancellazione totale degli elenchi crif riguardanti gli ultimi due anni; l’erogazione di prestiti agevolati che consentirebbero la ristrutturazione dei debiti accumulati. Non solo: sarebbe opportuna una rimodulazione del reddito di cittadinanza collocando i percettori in aziende che, due anni dopo, dovrebbero poi assumerli».
L’imprenditrice conclude con amarezza: «Credo si stia sottovalutando la fame che può uccidere più del Covid. E, soprattutto, le difficoltà economiche levano la dignità alle persone, gettandole tra le braccia della delinquenza e dell’economia criminale». Come darle torto?

 

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