La crisi continua a screpolare questo nostro mondo che sta scivolando in una delle pieghe più buie della storia degli ultimi cinquanta anni. L’imprenditoria calabrese, già profanata duramente dai lockdown sanitari a singhiozzo, adesso galleggia nella terra di mezzo tra il rischio di lockdown energetici e lo spettro della chiusura definitiva per l’impossibilità di contenere i costi di produzione. I piccoli operatori economici, ristoratori, pizzaioli, baristi, piangono, si disperano, si arrabbiano. E, soprattutto, provano ad andare avanti almeno fino alla prossima bolletta nella speranza di non doversi arrendere prima. Secondo gli ultimi dati elaborati nei giorni scorsi dal centro studi di Confartigianato, in questo Sud del Sud del paese, le attività più esposte alla sospensione dell’attività sono quelle energy intensive (energivore o gasivore): ceramica, vetro, cemento, carta, metallurgia, chimica, raffinazione del petrolio, alimentare, bevande, farmaceutica, gomma e materie plastiche e prodotti in metallo.
L'analisi dei dati
Secondo Confartigianato, le micro e piccole imprese sono quelle più a rischio in questa prima delicata fase con evidenti effetti devastanti sull’occupazione. In Calabria ci sono 25.833 micro e piccole imprese che danno lavoro a 62.784 addetti. Nel Cosentino, invece, sono 6.476 aziende con 19.938 addetti a restare in bilico sulla pietra focaia che rischia di scatenare l’inferno. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Cosenza