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La stangata del cenone di Natale: a Cosenza rincari record per vongole e patate

In un anno i molluschi sono aumentati del 15%, i tuberi del 18,7%

La voglia di intimità, impronta genetica del Natale, segue le correnti depressionarie di una capacità di spesa domestica sempre più risicata. E le tensioni che giungono dal mondo del lavoro (vertenze Amaco e Abramo, giusto per ricordare le ultime sacche di disagio occupazionale) spingono nella penombra l’avvenire in questa terra. L’Unione nazionale consumatori ha elaborato gli ultimi dati Istat disponibili definendo le classifiche dei cibi del pranzo natalizio e di Capodanno più rincarati rispetto a un anno fa. Nella top 20 annua degli alimenti e delle bevande tipiche del pranzo o del cenone di Natale, il prezzo della frutta a bacca come l’uva, che molti comperano, specie per l’ultima dell’anno, sale del 21,3% rispetto a un anno fa (e la colpa non è solo del granchio blu). Prezzi più alti anche per i contorni. Le patate sono salite del 18,7% e i carciofi si muovono con aumenti dell’ordine del +10,7%. Balzo notevole anche per la frutta esotica che accumula un rialzo del 9,8%. Naturalmente, il salasso è anche in pescheria. Tonno, alici-acciughe, sgombro, salmone non affumicato, si muovono tutti seguendo rincari del +8,6%. Il conto più salato si paga per le vongole che fanno registrare rincari fino al 15%, più economiche le cozze che portano in dote aumenti massimi del 12%. Il baccalà, alimento polivalente nella composizione tradizionale della cena di Natale, si segnala con rincari massimi del 7%.

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