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Dal jazz al funky: con Robben Ford a Rende è musica totale

Un concerto entusiasmante, una grandiosa conclusione per la XXIII edizione del Peperoncino Festival

Scariche di adrenalina e lampi di consapevolezza. La piena consapevolezza di aver assistito a un evento grandioso. Robben Ford ha fatto centro! E la XXIII edizione del Peperoncino Jazz Festival ha avuto la sua degnissima chiusura. Sabato, il teatro Garden di Rende ha offerto uno spettacolo difficile da dimenticare. È stata una delle otto tappe italiane del Dragon Tales Tour. E come se non bastasse Robben Ford, il grandissimo chitarrista californiano, s’è portato dietro una band di musicisti da brividi. Darryl Jones al basso, Larry Goldings alle tastiere e Gary Husband alla batteria, tutti con grandissima collaborazioni. Una all star band messa su appositamente per gli otto concerti italiani.
In scaletta, tributi a Jeff Beck, scomparso a gennaio 2023, a cui Robben Ford si è ispirato per questa serie di eventi e a cui dedicherà un album che inciderà con gli stessi musicisti. A unire idealmente questi autentici fuoriclasse, l’esperienza comune di aver suonato con Miles Davis. Il blasone è tanta roba, ma al pubblico non basta mica. E loro lì, sul palco, lo sanno bene. E ingranano come a voler dimostrare tutto il talento che hanno. Come se ce ne fosse bisogno! Strumenti strizzati all’inverosimile, sound armonico e coinvolgente. Batteria, tastiera, basso, chitarra… sciorinano il meglio spaziando tra diversi generi musicali. Si va di strumentale che è un piacere, un tiki-taka esaltante che muove le note tra funky e fusion, senza dimenticare divagazioni jazz, serrate di rock, tuffi di blues.
L’attenzione verso i generi musicali diventa quasi un gioco, per lo spettatore, intento a scoprire le diverse digressioni musicali proposte. Poi... salta il banco! Ché fai fatica a star giù a dipanare le matasse dei generi. E c’è solo la musica. Evasiva, coinvolgente, emozionante. Arrivano i pezzi scritti da Ford, «The light Fandango», «Two Shades of Blue» e «Feeling’s Mutual». C’è chimica tra quei quattro signori, lì sul palco. Si vede. Si sente. Insieme ai movimenti ritmici del peltro, ecco pure la voce di Robben. Potesse essere qui anche il vecchio John (Lennon), ascolterebbe rapito la personalissima versione di Ford della sua «Jealous Guy». E, c’è da crederci, lo stesso effetto farebbe a Ramsey Lewis, ascoltando la sua «Wade in the Water». E ancora, «Blues Md», «What’s in the Phryg», «Pork Pie Hat», «Big Block»…
Jazz e funk s’incontrano meravigliosamente in «Make My Own Weather». Fioccano gli assoli. E con loro i virtuosismi d’autore. È la chiusura d’un bellissimo concerto e dell’edizione numero 23 del Peperoncino Jazz Festival. Ancora una volta, costellata di successi. Di musica. Di pubblico. Di numeri, Di critica.
Ne può esser felicissimo Sergio Gimigliano, infaticabile patron della manifestazione. Giusto un attimo, però. Oltreoceano, nella Grande Mela, c’è già grande attesa per la quarta edizione del Peperoncino Jazz New York Session, da “gustare” nelle location più esclusive e iconiche di Manhattan.

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