Cosenza per anni gelosa della sua intimità si è ritrovata nuda, svelata in mezzo a un bivio di trame. Ormai, non ci sono più segreti in una città che si è scoperta fragile, attraversata da guerre politiche, svelata da vischiosissime inchieste giudiziarie che hanno fatto irruzione nella “zona grigia”. Regione e Comune sono finite, proprio in questi ultimi giorni, sotto la lente dei pm come non era mai accaduto prima. Le accuse di bancarotta contestate al sindaco Mario Occhiuto dalla Procura guidata da Mario Spagnuolo, hanno scatenato la reazione di Forza Italia che ieri ha convocato una conferenza stampa a Montecitorio per urlare al complotto. La dichiarazione di guerra al presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra, è stata pronunciata dal vicepresidente della Camera (nonché fratello del primo cittadino), Roberto Occhiuto, con la vice di Morra in Antimafia, Jole Santelli, e con Giorgio Mulè. I tre parlamentari azzurri hanno illustrato i retroscena della presunta campagna di delegittimazione in atto a Cosenza nei confronti del primo cittadino. Un senatore, un magistrato e un maresciallo della guardia di finanza sarebbero i protagonisti di quella che Jole Santelli ha definito «una vicenda allucinante che lascia inorriditi». Ma è stato Roberto Occhiuto a muovere l'affondo che diventa frontiera nella guerra al “nemico” comune: «Alle 22 del 20 febbraio dello scorso anno, Morra (all'epoca non era presidente della Commissione antimafia) si recò al comando della guardia di finanza per depositare un dvd rom che conteneva la registrazione di un colloquio che cinque giorni prima si era svolto nel soggiorno della sua abitazione. A parlare sarebbe stato un indagato, Giuseppe Cirò, ex capo segreteria del sindaco Occhiuto, denunciato da quest'ultimo dopo aver scoperto una serie di illeciti rimborsi ai danni dell'amministrazione comunale. Quell'uomo è stato trasformato in delatore». E, ancora, secondo i deputati azzurri, «il dischetto sarebbe stato consegnato a un maresciallo della guardia di finanza, Domenico Portella, che poi è stato distaccato nella segreteria della Commissione antimafia. Il giorno dopo, il procuratore aggiunto, Marisa Manzini, con insolita solerzia e sorprendente rapidità, ne dispose la trascrizione del contenuto. Anche la Manzini - hanno denunciato i deputati di Forza Italia - è stata chiamata come consulente in Commissione antimafia, dopo essersi vista assegnata, negli ultimi tempi, tutti i procedimenti che riguardano il Comune di Cosenza e quasi tutti gli esposti presentati dal senatore Morra». Quindi, l'avvertimento: «Non ci fermeremo a questa denuncia: chiederemo al Csm di attivare la procedura disciplinare verso la dottoressa Manzini. Faremo anche una denuncia alla procura per vedere se sia configurabile il reato di traffico di influenze illecito o altri reati; è singolare che un maresciallo e un procuratore siano agli ordini di Morra e poi abbiamo un distacco in antimafia». La replica del presidente della Commissione antimafia è arrivata in serata. «Il mio operato è trasparente, sfido a dimostrare il contrario in tribunale». Nicola Morra affila, poi, il giudizio sugli avversari: «Roberto Occhiuto, fratello del sindaco di Cosenza Mario Occhiuto indagato per bancarotta fraudolenta e per corruzione, che mi accusa di andare sempre in Procura è già di per sé una notizia. Se poi a dirigere la conferenza stampa è Giorgio Mulè che dialogava con Montante, ex leader di Confindustria Sicilia e condannato in primo grado a 14 anni per corruzione, e segnalava articoli a lui sgraditi come quello di Giampiero Casagni, allora la conferenza stampa ha già una doppia notizia in sé», attacca Morra. «La partecipazione della Santelli, politicamente vicina al sindaco Occhiuto in quanto sua vicesindaco, contribuisce a rendere questo quadro ancora meno credibile. Se mi accusano di un complotto nei confronti di Mario Occhiuto, li sfido apertamente in tribunale - continua Morra - a dare seguito alle loro dichiarazioni. Così come io farò seguito alle loro dichiarazioni di associazione a delinquere rivolte nei miei confronti, nei confronti di un magistrato e di un sottufficiale della guardia di finanza. Comprendo il nervosismo dei fratelli Occhiuto, di Forza Italia e di sistemi di potere che sono giunti alla fine, ma non per questo fermerò la mia azione. La nomina della Manzini come consulente dell'Antimafia, da me proposta come tutte le altre, e votata all'unanimità, è la naturale conseguenza del lavoro straordinario che il giudice ha svolto in Calabria contro la 'ndrangheta».